NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     (Novella IX)



     TIRANNIA E BELLEZZA DI DONNA
     Come uno re fece nodrire un suo figliuolo dieci anni in luogo tenebroso, e poi li mostrò tutte le cose, e più li piacque le femine.

     A
     uno Re nacque un figliuolo: i Savi strologi providero ch'elli stesse anni dieci che non vedesse il sole, ché perderebbe lo vedere. Allora il fece notricare e guardare in tenebrose spelonche. Dopo il tempo detto, lo fecero trarre fuori, e innanzi a lui fece mettere molte belle gioie e di molte belle donzelle, tutte cose nominando per nome e dettoli le donzelle essere domòni; e poi li domandaro quale d'esse li fosse più graziosa. Rispose: i domoni. Allora lo re di ciò si maravigliò molto dicendo: che cosa è tirannia e bellore di donna!
     (Novella IX)



     INCANTESIMO DI NEGROMANTI
     Come tre Maestri di Nigromanzia vennero alla Corte dello 'mperadore Federigo.


     L
     O 'mperadore Federigo fue nobilissimo Signore, e la gente ch'avea bontade venia a lui da tutte parti perché l'uomo donava volentieri e mostrava belli sembianti a chi avesse alcuna speziale bontà. A lui veniano sonatori, trovatori e belli favellatori, uomini d'arti, giostratori, schermitori, d'ogni maniera gente. Stando lo 'mperadore Federigo, e facea dare l'acqua, le tavole coverte, sì giunsero a lui tre Maestri di Nigromanzia con tre schiavine. Salutàrlo così di subito, et elli domandò: qual è il maestro di voi tre? L'uno si trasse avanti, e disse: Messere, io sono. E lo 'mperadore il pregò che giocasse cortesemente. Et elli gittaro loro incantamenti e fecero loro arti. Il tempo incominciò a turbare; ecco una pioggia repente e tuoni e folgori e baleni, e parea che fondesse una gragnuola che parea coppelli d'acciaio. I Cavalieri fuggiano per le camere, chi in una parte chi in un'altra. Rischiarossi il tempo. Li maestri chiesero commiato e chiesero guidardone. Lo 'mperadore disse: domandate. Que' domandaro. Il Conte di San Bonifazio era più presso allo 'mperadore. Que' dissero: Messere, comandate a costui che vegna in nostro soccorso contra li nostri nemici. Lo 'mperadore li le comandò molto teneramente. Misesi il Conte in via con loro. Menàrlo in una bella cittade, Cavalieri li mostrano di gran paraggio, e bel destriere e belle arme li apprestaro, e dissero: questi sono a te ubbidire. Li nemici vennero a battaglia. Il Conte li sconfisse e francò lo paese. E poi ne fece tre delle battaglie ordinate in campo, vinse la terra. Diedergli moglie. Ebbe figliuoli. Dopo, molto tempo tenne la Signoria. Lasciàrlo grandissimo tempo. Poi ritornaro. Il figliuolo del Conte avea già bene quaranta anni. Il Conte era vecchio. Li maestri tornaro e dissero che voleano andare a vedere lo 'mperadore e la Corte. Il Conte rispose: lo 'mperio fia ora più volte mutato, le genti fiano ora tutte nuove; dove ritornerei? E' maestri dissero: noi ti volemo al postutto menare. Misersi in via. Camminaro gran tempo. Giunsero in Corte. Trovaro lo 'mperadore e suoi Baroni ch'ancor si dava l'acqua lo quale si dava quando il Conte n'andò co' maestri. Lo 'mperadore li facea contare la novella; que' la contava. I' ho' poi moglie, figliuoli hanno quarant'anni, tre battaglie di campo ho poi fatte; il mondo è tutto rivolto: come va questo fatto? Lo 'mperadore li le fece raccontare con grandissima festa a' Baroni e a' Cavalieri.


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