(Da I Fioretti di San Francesco, Cap. XXI)
LA VITA DI FRA GINEPRO
COME FRATE GINEPRO FECE LA CUCINA AI FRATI
Come frate Ginepro fece una volta cucina ai frati per quindici dì.
E
SSENDO una volta frate Ginepro in uno luoghicciuolo, per certa ragionevole cagione tutti li frati ebbono andare di fuori, e solo frate Ginepro rimase in casa: dice il guardiano: - Frate Ginepro, tutti noi andiamo fuori; e però fa' che quando noi torniamo, tu abbi fatto un poco di cucina a ricreazione de' frati. - Rispuose frate Ginepro: - Molto volentieri; lasciate fare a me. - Essendo tutti li frati andati fuori, come detto è, disse frate Ginepro: - Che sollecitudine superflua è questa, che uno frate stia perduto in cucina e rimoto da ogni orazione? Per certo, ch'io ci sono rimaso a cucinare questa volta, io ne farò tanta, che tutti i frati, e se fussono ancora più, n'averanno assai quindici dì. - E così tutto sollecito va alla terra e accatta parecchie pentole grandi per cuocere e procaccia carne fresca e secca, polli, uova ed erbe in copia, e accatta legne assai, e mette a fuoco ogni cosa, cioè polli colle penne e uova col guscio; e conseguentemente tutte l'altre cose. Ritornando i frati al luogo, uno ch'era assai noto della semplicità di frate Ginepro, entrò in cucina e vede tante e così grandi pentole a fuoco isterminato; e ponsi a sedere e con ammirazione considera e non dice nulla, e ragguarda con quanta sollecitudine frate Ginepro fa questa cucina. Perocché 'l fuoco era molto grande, e non potea troppo bene approssimarsi a schiumare, prese un'asse e colla corda se la legò al corpo molto bene istretta, e poi saltava dall'una pentola all'altra, ch'era uno diletto a vederlo. Considerando ogni cosa con sua grande recreazione questo frate, esce fuori di cucina e truova gli altri frati e dice: - Io vi so dire che frate Ginepro fa nozze. - I frati ricevettono quel dire per beffe. E frate Ginepro lieva quelle pentole dal fuoco e fa sonare a mangiare; e li frati sì entrano a mensa: e viensene in refettorio con quella cucina sua, tutto rubicondo per la fatica e per lo calore del fuoco, e dicea alli frati: - Mangiate bene; e poi andiamo tutti all'orazione, e non sia nessuno che cogiti più a questi tempi di cuocere; perocch'io ho fatta tanta cucina oggi, che io n'avrò assai più di quindici dì: e pone questa sua pultiglia a mensa dinanzi a' frati, che non è porco in terra di Roma sì affamato, che n'avesse mangiato. Loda frate Ginepro questa sua cucina, per darle spaccio; e già egli vede che gli altri frati non ne mangiano, e dice: - Or queste cotali galline hanno a confortare il celabro; e questa cucina vi terrà umido il corpo, ch'ella è sì buona. - E istando li frati in tanta ammirazione e devozione a considerare la devozione e semplicità di frate Ginepro; e 'l guardiano, turbato di tanta fatuità e di tanto bene perduto, riprende molto aspramente frate Ginepro. Allora frate Ginepro si getta subitamente in terra inginocchioni dinanzi al guardiano, e disse umilmente sua colpa a lui e a tutti li frati dicendo: - Io sono un pessimo uomo: il tale commise il tale peccato, per che gli furono cavati gli occhi; ma io n'ero molto più degno di lui: il tale fu per li suoi difetti impiccato; ma io molto più lo merito, per le mie prave operazioni: ed ora io sono stato guastatore di tanto beneficio di Dio e dell'Ordine. E tutto così dolendosi si partì, e in tutto quello dì non apparve dove frate nessuno fusse. E allora il guardiano disse: - Frati miei carissimi, io vorrei che ogni dì questo frate, come ora, sprecasse altrettanto bene se noi l'avessimo, e solo se ne avesse la sua edificazione; perocché grande semplicità e carità gli ha fatto fare questo.
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