(Da La vita di Frate Ginepro, Cap. X)
DOMENICO CAVALCA
LA LEGGENDA DI SAN PAOLO EREMITA
E
SSENDO Paolo già in età d'anni centotredici e menando quasi vita celestiale in terra, e sendo santo Antonio già d'anni novanta, in uno altro eremo solitario, e non sapendo di Paolo niente, vennegli uno cotale pensiero e immaginazione ch'egli fusse il primo che avesse incominciato ad abitare l'eremo; la quale vanagloria volendogli Iddio torre, rivelogli per visione che un altro era nell'eremo più addentro che era migliore di lui; ed ammonillo ch'el dovesse andare a vedere. Per la qual cosa Antonio, avvegna che debole per la vecchiezza, incontanente la mattina per tempo, prendendo un suo bastone per sostentare le sue membra deboli, mossesi per andare, avvegna che non sapesse lo luogo né l'abitazione di Paolo; ed essendo in sul mezzo dì, sentendo un grandissimo caldo, cominciossi a confortare in Dio per lo grande desiderio che avea di trovare Paolo, e disse: credo e spero nel mio Iddio che mi mostrerà lo suo servo, lo quale mi promise. Ed ecco, come piacque a Dio, così andando e confortandosi, levando gli occhi ebbe veduto uno animale che parea mezzo uomo e mezzo cavallo lo quale i poeti chiamano centauro: lo quale centauro vedendo Antonio si fece lo segno della croce e salutollo, e disse: in che parte abita questo servo di Dio, che io vo caendo? Allora quello centauro, come fu volontà di Dio, intendendo Antonio ed estendendo la mano diritta verso una via e parlando come potea, anzi cinguettando confusamente, mostrò ad Antonio la via onde dovea tenere. E fatto questo, subitamente cominciando a correre verso la pianura disparve. Ma se questo centauro è animale di quello bosco, o se un diavolo confinse e formò cotale forma mostruosa per mettere paura ad Antonio, incerto è e nullo sa chiaramente quello che fosse. Della qual cosa Antonio maravigliandosi procedeva, e continuava la sua via pensando di questa cosa che gli era apparita. E andando così pensando, pervenne ad una valle molto sassosa e quivi mirando vide quasi la forma d'un uomo piccolo col naso ritorto e lungo e con corna in fronte ed aveva i piedi quasi come di capra; alla qual cosa spaventandosi Antonio, armossi del segno della croce e prese fidanza in Dio; e incontanente lo predetto animale, quasi in segno di pace e di sicurtà, gli proferse datteri. Allora Antonio, prendendo fiducia, istette e dimandollo chi fosse; e quegli rispuose così: Creatura sono mortale e uno di quelli che discorrono per l'eremo, li quali li Pagani ingannati per vani errori adorano per Dii e chiamano fauni, satiri e incubi. Sono legato della gente mia: e preghiamoti che per noi prieghi lo comune Signore, lo quale sappiamo essere venuto per la salute del mondo, e in ogni contrada è sparta la sua fama. Le quali parole udendo Antonio incominciò a piangere di grande letizia, gaudendo della gloria di Cristo e della sconfitta del nemico. E meravigliandosi come quello animale avea potuto intendere la sua lingua e parlargli, e percuotendo lo bastone in terra, piangendo diceva: Guai a te, Alessandria, la quale per Iddio adori gl'idoli e le bestie, guai a te, città meretrice, nella quale pare che sieno entrate tutte le dimonia del mondo. Or che dirai per tua scusa? Ecco le bestie confessano Cristo, e tu adori gli idoli e le bestie. E dicendo queste parole Antonio, quello animale si levò a corsa e fuggì. Di questa cosa nullo dubiti riputandola incredibile o vana; inperciocché al tempo dello imperadore Gostanzo uno somigliante uomo vivo in Alessandria fu menato, e poi lo suo corpo essendo già morto fu insalato, perché il caldo non lo guastasse, e portato in Antiochia innanzi allo 'mperadore, secondo che di ciò quasi tutto il mondo può rendere testimonianza. Ma torniamo al nostro principale proponimento. Ecco Antonio pur seguitava la sua andata, avvegna che non trovasse se non bestie e luoghi diserti e senza via. Ma confidavasi in Dio, non potendo credere ch'egli l'abbandonasse. Ed ecco la seconda notte avendo egli molto vegghiato in orazione, già appressandosi al dì, vide una lupa a piè d'uno monte che mostrava d'avere gran sete; alla quale Antonio seguitandola, avvegna che
quasi nulla veder potesse perché non era ancora giorno, ma come dice la Scrittura, la carità cacciando paura, Antonio entrò più addentro, ma pianamente e con silenzio che non fosse sentito; e andando molto addentro, vide uno lume dalla lunga. E movendosi con più disiderio per andare tosto, inciampò in una pietra e fece alcuno strepito; lo quale suono e strepito sentendo Paolo, lo quale era dentro, serrò incontanente un uscio che v'era maravigliandosi di quello che sentito aveva. Allora Antonio si gittò appiè dell'uscio e stette infino presso a nona, pregando che gli fosse aperto, e dicea: Chi io sia e donde, e perché io sia venuto, tu 'l conosci. E questo dicea credendo che Iddio gli avesse rivelata la sua venuta e la cagione; e diceva: io so bene che io non sono degno di vedere la faccia tua, ma pure insino ch'io non la veggio, non mi partirò. Poiché ricevi le bestie, come cacci gli uomini? Cercai, e hotti trovato; picchio, acciocché m'apri, e se questo non mi concedi, morrommi al tuo uscio, e almeno mi seppellirai, poich'io sarò morto. Al quale Paolo, quasi sorridendo, conoscendo il fervore del suo desiderio, rispose: Nullo dimanda grazia minacciando e piangendo: pare che mi minacci, che di', che ti lascerai morire se io non ti ricevo. E così dicendo e sorridendo gli aperse. Ed entrando dentro Antonio, abbracciandosi con Paolo, salutaronsi per propri nomi, avvegnaché mai innanzi lo nome l'uno dell'altro non avessono saputo. E poiché ebbeno rendute grazie a Dio e furonsi posti a sedere insieme, Paolo incominciò a parlare e disse: Ecco quegli il quale con tanto istudio hai cercato di trovare, che quasi pute di vecchiezza e di salvatichezza. Or ecco vedi uomo che di qui a poco tornerà in cenere. E poi disse: Priegoti per carità che mi narri in che stato è l'umana generazione, e sotto che impero si regge, e se sono più rimasi alcuni eretici e idolatri. E stando in questo cotale parlamento, videro un corbo volare e porsi in su uno ramo d'uno arbore presso a loro, lo quale quindi tosto e lievemente volando, venne e puose uno pane intero in mezzo di loro e partissi. Della qual cosa maravigliandosi ringraziando insieme Iddio, disse Paolo: Ecco lo Signore nostro ci ha mandato mangiare. Veramente benigno e cortese è lo nostro Signore, lo quale, già sono sessanta anni, per questo modo ogni dì m'ha mandato un mezzo pane, ma ora per la tua venuta ha per tuo amore duplicata la vivanda. E dopo queste parole rendendo grazie a Dio puosonsi a sedere insieme in sul cigliare della fonte per mangiare. Ma contendendo insieme per reverenza l'uno dell'altro di rompere imprima quel pane, allegando Paolo, che ciò dovea fare Antonio, perché era ospite e pellegrino appo lui, e Antonio dicendo che questo dovea fare pur egli perch'era più antico e più santo, istando in questa cotale santa e umile contenzione quasi infino a vespro, all'ultimo presono per consiglio che ciascuno lo prendesse dal suo lato; e così ciascuno tirando il pane si divise per mezzo, e rimase in mano a ciascuno la metade; e poi chinandosi nella fonte bevvono un poco d'acqua. E poich'ebbeno così mangiato e beuto e rendute le grazie a Dio, incominciarono insieme a parlare di Dio, vegghiando tutta la notte in sante orazioni e ragionamenti di Dio. E poiché fu dì, Paolo incominciò a parlare ad Antonio e dissegli: Già è lungo tempo, fratel mio carissimo, ch'io seppi che tu abitavi in queste contrade e che Iddio mi ti promise per compagno e rivelommiti; e ora, perché è venuta l'ora della morte desiderata e compiuto lo corso della mia vita, debbo essere sciolto del legame del corpo e congiungermi col mio diletto Cristo e ricevere la corona della giustizia. Tu se' mandato da Dio, acciocché tu mi seppellisca e renda la terra alla terra. Le quali parole udendo Antonio incominciò a piangere fortemente, pregandolo che non lo abbandonasse, anzi il menasse con seco. Allora rispuose Paolo e disse: Sai che non dèi pure addomandare, e cercare il vantaggio tuo e la tua utilitade, ma l'altrui. Ben so che per te farebbe di lasciare lo vincolo e lo peso della carne e andarne a Cristo. Ma a' frati e
discepoli tuoi ancora è necessaria la tua vita, acciocché prendano da te esempio. Secondo l'ordine della caritade, dei esser contento di rimanere per l'altrui servigio. Or ti priego, se non t'è troppo grave che vadi e torni alla tua cella e che tu tolga e rechi quel palio, lo qual ti diede Attanasio vescovo, acciocché in esso involga lo mio corpo quando sarò morto. E questo disse Paolo, non perch'egli di quel palio molto si curasse, né cercasse quel tanto onore d'essere involto in palio dopo la morte, lo quale vivendo si vestia pure di palme contessute, ma acciocché Antonio non sentisse troppo dolore vedendolo morire. Allora Antonio, udendo ricordare lo palio di Attanasio, e vedendo che ciò non potea sapere se non per divina rivelazione, maravigliossi molto e, inchinando il capo con reverenzia, non fu ardito di contradire, ma incominciò a piangere teneramente: e poiché l'ebbe abbracciato, mossesi per tornare al monistero suo per lo predetto palio, e dandogli forza l'amore che 'l portava, vincea la fragilità della vecchiezza, e fu giunto tosto al monistero molto istanco; al quale venendo incontro due suoi discepoli, dimandarono dove fosse stato tanto. Rispuose lagrimando: Guai a me misero peccatore, che falsamente sono reputato e chiamato monaco, e non sono nulla. Ho veduto Elia, ho veduto Giovanni Battista nel diserto, e veramente ho veduto Paolo in paradiso. E tutto questo diceva di Paolo, assimigliandolo ai predetti santi, e il diserto chiamava paradiso; onde da' discepoli non fu inteso. Dette queste parole non potendo più dire per l'abbondanzia del dolore che avea dentro, tacette, e picchiandosi il petto prese il palio e uscette di cella e mossesi per correre a Paolo. E pregandolo i discepoli che più chiaramente dicesse loro quello che avea veduto, rispose loro: Tempo è di parlare e tempo è di tacere. E per lo desiderio che avea di giugnere a Paolo, non restandosi pure a mangiare, uscì di cella, e in fretta, correndo come potea, tornava, temendo quello che gli avvenne, cioè che, innanziché giugnesse, Paolo passò di questa vita in santa pace.
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