NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     TAIS

     L
     EGGESI nella Vita de' Santi Padri, che al tempo di Valentiniano imperadore fu in Grecia una femmina di mondo, la quale dalla sua fanciullezza, per colpa della disonesta madre, ispose il corpo suo a peccato. Il nome suo era Tais; ed essendo bellissima e famosa meretrice, molti venivano a lei di diverse parti, e a molti era cagione di perdizione d'anima e di corpo. Udendo l'abate Panunzio, probatissimo monaco e di grande santitade, la fama anzi la 'nfamia di questa peccatrice, increscendogli della dannazione sua, e di coloro ch'ella traeva a peccato, pensò di porre rimedio a tanto male. E con gran fidanza della grazia e della guardia di Dio, prese abito di mercatante, e posesi allato una borsa con danari. E venendo alla città dove Tais era, e richiedendola di peccato, le diede il prezzo ch'ella chiese. E entrato in una camera dov'era un ricco e ben fornito letto, e invitato da lei dell'atto disonesto, domandò il padre santo se in quella casa era altro luogo più segreto che quello. E rispondendo ella di sì, domandò lui perché andava egli ricercando altro più segreto luogo: con ciò sia cosa che, s'egli temeva gli occhi degli uomini, quel luogo era ben chiuso e celato da ogni gente; se temea degli occhi di Dio, che ogni luogo era a Dio aperto e palese. Disse l'abate: Or credi tu che sia Iddio che tutte le cose vegga? Rispose la peccatrice, che sì; e credea che fosse il paradiso e 'l reame del cielo, dove Dio riguiderdonerebbe i giusti; e lo 'nferno, dove si tormenterebbono i peccatori dannati. Allora disse santo Panunzio: Se questo tu credi, come sta' tu qui nel peccato, per lo quale tu sarai dannata alle pene dello 'nferno, e se' cagione della dannazione di molte anime, delle quali ti converrà rendere ragione e patire pena della loro dannazione? Alle quali parole compunta la peccatrice e di lagrime piena, si gettò a' piedi del santo abate, domandando mercede e penitenza. Alla quale prima comandò, che tutte le robe e ogni arnese ch'avea guadagnato di peccato, dovesse ardere nel mezzo della piazza del Comune, veggendo tutto il popolo: e fu fatto di presente. Poi fatta generale confessione di tutti i suoi peccati, sì la rinchiuse in una piccola cella, scerrandola di fuori e suggellandola coll'anello suo; e le comandò che indi non uscisse insino a tanto ch'egli, che l'avea rinchiusa, non l'aprisse. E disse: Tu non se' degna di nominare il nome di Dio; ma chiedi misericordia de' tuoi pcccati. Istette la convertita peccatrice tre anni continovi così rinchiusa. In capo di tre anni, Iddio rivelò al santo abate che l'avea perdonati i peccati suoi; onde aprendo il suggellato serrame della cella, la dimandò quello ch'ell'avea fatto in que' tre anni. Rispose, che continovamente, il dì e la notte, ella s'avea recati alla mente tutti li suoi peccati; e facendone quasi un fascio, gli ponea dinanzi agli occhi della mente sua, e con grande dispiacere piangea, dolendosi dell'offesa di Dio; e poi orando dicea: Qui plasmasti me, miserere mei, non nominando il nome di Dio, il quale il santo padre l'avea detto che non era degna di nominare; ma dicea: Tu che mi creasti, abbi misericordia di me.


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