NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     e come e' vidde uscirgli del palazzo,
     e nel giardin tener l'un l'altro in brazzo.

     A tanto sì tacie questa novella,
     e la duchessa campò dolorosa.
     Il giorno avìa già fatta l'aria bella,
     ch'ella uscì for della zambra amorosa
     vestita d'una porpora novella,
     ma non mostrava in sembiante dogliosa,
     e ginne in sala dove avea i baroni
     e donne e cavalier di più regioni.

     E fece allor la duchessa appellare,
     giovani e donne e vaghi cavalieri,
     e disse a loro che volea danzare
     a guida della Donna del verzeri.
     Ed ella disse: - Dama d'alto affare,
     io noi so far, ch'io 'l fare' volentieri. -
     E la duchessa gli rispuose presta:
     - Vo' sète di maggior fatto maestra.

     Maggior fatt'è che menare una danza
     aver sì ben vostra cucciola avezza,
     ch'al vostro drudo novelle e certanza
     porta, quando volete sua bellezza.

     El duca ne può far testimonianza,
     che co' suoi occhi el vide per certezza. -
     Udendo la donzella queste cose
     partissi quindi e nulla le rispuose.

     E ginne nella camera, tremando,
     siccome quella che di duol moriva,
     e di messer Guglielmo lamentando,
     pregandone la Vergine Maria,
     siccom' egli l'er'ita abbominando,
     che lo conduca a far la morte ria.
     - Come conduce me che con mia mano
     morrò, come Bellicies per Tristano! -

     Nella man destra ignuda avea la spada
     e la cucciola nel sinistro braccio
     dicendo: - Traditor, poi che t'aggrada
     che io m'uccida, ecco ch'io men spaccio. -
     Poi dice: - Catellina mia leggiadra,
     oggi sarò in inferno, be' io saccio,
     e tu sia di mia morte testimoni
     dinanzi al duca ed agli altri baroni. -

     El pome della spada appoggiò al muro


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