NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Disse il frate: - Cotesta fu piccola cosa, e facesti bene a farne quello che ne facesti.
     E, oltre a questo, il domandò il santo frate di molte altre cose, delle quali di tutte rispuose a questo modo; e volendo egli già procedere all'assoluzione, disse ser Ciappelletto: - Messere, io ho ancora alcun peccato che io non v'ho detto.
     Il frate il domandò quale; ed egli disse: - Io mi ricordo che io feci al fante mio, un sabato dopo nona, spazzare la casa, e non ebbi alla santa domenica quella reverenza che io dovea.
     - Oh - disse il frate - figliuol mio, cotesta è legger cosa.
     - Non - disse ser Ciappelletto - non dite legger cosa, ché la domenica è troppo da onorare, però che in così fatto dì risuscitò da morte a vita il nostro Signore.
     Disse allora il frate: - O, altro hai tu fatto?

     - Messer sì - rispuose ser Ciappelletto - ché io, non avvedendomene, sputai una volta nella chiesa di Dio.
     Il frate cominciò a sorridere, è disse: - Figliuol mio, cotesta non è cosa da curarsene: noi, che siamo religiosi, tutto il dì vi sputiamo.
     Disse allora ser Ciappelletto: - E voi fate gran villania, per ciò che niuna cosa si convien tener netta come il santo tempio, nel quale si rende sacrificio a Dio.
     E in brieve de' così fatti ne gli disse molti; e ultimamente cominciò a sospirare, e appresso a pianger forte, come colui che il sapeva troppo ben fare quando volea.
     Disse il santo frate: - Figliuol mio, che hai tu?
     Rispuose ser Ciappelletto: - Oimè, messere, ché un peccato m'è rimaso, del quale io non mi confessai mai, sì grande vergogna ho di doverlo dire; e ogni volta ch'io me ne ricordo piango come voi vedete, e parmi essere molto certo che Iddio mai non avrà misericordia di me per questo peccato.


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