NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Come costei l'ebbe veduta, così incontanente si confortò di doverlo guerire, e disse: - Monsignore, quando vi piaccia, senza alcuna noia o fatica di voi, io ho speranza in Dio d'avervi in otto giorni di questa infermità renduto sano.
     Il re si fece in se medesimo beffe delle parole di costei, dicendo: - Quello che i maggiori medici del mondo non hanno potuto né saputo, una giovane femina come il potrebbe sapere? - Ringraziolla adunque della suo buona volontà, e rispose che proposto avea seco di più consiglio di medico non seguire.
     A cui la giovane disse: - Monsignore, voi schifate la mia arte perché giovane e femina sono, ma io vi ricordo che io non medico colla mia scienzia, anzi collo aiuto d'Iddio e colla scienzia del maestro Gerardo nerbonese, il quale mio padre fu e famoso medico mentre visse.

     Il re allora disse seco: "Fosse m'è costei mandata da Dio; perché non pruovo io ciò che ella sa fare, poi dice senza noia di me in picciol tempo guerirmi?" e accordatosi di provarlo, disse: - Damigella, e se voi non ci guerite, faccendoci rompere il nostro proponimento, che volete voi che ve ne segua?
     - Monsignore - rispose la giovane - fatemi guardare, e se io infra otto giorni non vi guerisco, fatemi brusciare: ma se io vi guerisco, che merito me ne seguirà?
     A cui il re rispose: - Voi ne parete ancor senza marito; se ciò farete, noi vi mariteremo bene e altamente.
     AI quale la giovane disse: - Monsignore, veramente mi piace che voi mi maritiate, ma io voglio un marito tale quale io vi domanderò, senza dovervi domandare alcun de' vostri figliuoli o della casa reale.


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