Ora avvenne un dì che, andando il prete di fitto meriggio per la contrada or qua or là zazzeato, scontrò Bentivegna del Mazzo con uno asino pien di cose innanzi, e fattogli motto, il domandò dov'egli andava.
A cui Bentivegna rispose:, - Gnaffe, sere, in buona verità io vo infine a città per alcuna mia vicenda, e porto queste cose a ser Bonaccorri da Ginestreto, ché m'aiuti di non so che m'ha fatto richiedere per una comparigione del parentonio per lo pericolar suo il giudice del dificio.
Il prete lieto disse: - Ben fai, figliuolo; or va con la mia benedizione e torna tosto; e se ti venisse veduto Lapuccio o Naldino, non t'esca di mente di dir loro che mi rechino quelle combine per li coreggiati miei.
Bentivegna disse che sarebbe fatto; e venendosene verso Firenze, si pensò il prete che ora era tempo d'andare alla Belcolore e di provare sua ventura; e messasi la via tra' piedi, non ristette sì fu a casa di lei; ed entrato dentro disse: - Dio ci mandi bene: chi è di qua?
La Belcolore, ch'era andata in balco, udendol disse: - O sere, voi siate il ben venuto: che andate voi zacconato per questo caldo?
Il prete rispose: - Se Dio mi dea bene, che io mi vengo a star con teco un pezzo, per ciò che io trovai l'uom tuo che andava a città.
La Belcolore, scesa giù, si pose a sedere, e cominciò a nettar sementa di cavolini, che il marito avea poco innanzi trebbiati; il prete le cominciò a dire: - Bene, Belcolore, de' mi tu far sempre mai morire a questo modo?
La Belcolore cominciò a ridere e a dire: - O che ve fo io?
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