NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


Pagina 250
1-40- 80-120- 160-200- 240-280- 320-360- 400-440- 480-520- 560-600- 640-680- 720-745

[Indice]

     Giornata decima. Novella X



     PECORONE

     SER GIOVANNI FIORENTINO

     GIANNETTO E IL MERCANTE DI VENEZIA
     Giannetto, morto il padre, va a Vinegia, ed è accolto come figliuolo da messer Ansaldo, ricco mercatante. Vago di vedere il mondo, monta sopra di una nave, ed entra nel porto di Belmonte. Quel che egli avvenne con una vedova, signora di esso, la quale prometteva di sposar colui che giacendosi con lei n'avesse preso piacere.

     E
     GLI ebbe in Firenze in casa gli Scali un mercatante, il quale ebbe nome Bindo, il quale era stato più volte alla Tana e in Alessandria, e in tutti que' gran viaggi che si fanno con le mercatanzie. Era questo Bindo assai ricco, e aveva tre figliuoli maschi grandi; e venendo a morte, chiamò il maggiore e 'l mezzano, e fece in loro presenza testamento, e lasciò lor due eredi di ciò ch'egli aveva al mondo, e al minore non lasciò niente. E fatto ch'egli ebbe testamento, il figliuolo minore, che aveva nome Giannetto, sentendo questo, andò a lui al letto e gli disse: - Padre mio, io mi maraviglio forte di quello che voi avete fatto, a non esservi ricordato di me in su 'l testamento. - Rispose il padre: - Giannetto mio, e' non è creatura a cui voglia meglio che a te; e però io non voglio che dopo la morte mia tu stia qui, anzi voglio, come io son morto, che tu te ne vada a Vinegia a un tuo santolo che ha nome messer Ansaldo, il quale non ha figliuolo nessuno, e hammi scritto più volte ch'io te gli mandi. E sotti dire ch'egli è il più ricco mercatante che sia oggi tra' Cristiani. E però voglio che, come io son morto, tu te ne vada a lui, e portagli questa lettera; e se tu saprai fare, tu rimarrai ricco uomo. - Disse il figliuolo: - Padre mio, io sono apparecchiato a fare ciò che voi mi comandate. - Di che il padre gli diè la sua benedizione: e ivi a pochi dì si morì, e tutti i figliuoli ne fecero grandissimo lamento, e fecero al corpo quello onore che gli si conveniva. E poi ivi a pochi dì, questi due fratelli chiamarono Giannetto, e si gli dissero: - Fratello nostro, egli è vero che nostro padre fece testamento, e lasciò eredi noi, e di te non fe' veruna menzione, nondimeno tu se' pure nostro fratello, e per tanto a quell'ora manchi a te, che a noi, quello che c'è. - Rispose Giannetto: - Fratelli miei, io vi ringrazio della vostra profferta; ma, quanto a me, l'animo mio è d'andare a procacciare mia ventura in qualche parte; e così son fermo di fare, e voi v'abbiate l'eredità segnata e benedetta. - Onde i fratelli veggendo la volontà sua, dierongli un cavallo e danari per le spese. Giannetto prese commiato da loro e andòssene a Vinegia, e giunse al fondaco di messere Ansaldo, e diègli la lettera che 'l padre gli aveva data innanzi che morisse. Per che messere Ansaldo leggendo questa lettera, conobbe che costui era il figliuolo del suo carissimo Bindo, e come l'ebbe letta, di subito l'abbracciò, dicendo: - Ben venga il figliuolo mio, il quale io ho tanto desiderato. - E subito lo domandò di Bindo; dove Giannetto gli rispose ch'egli era morto; per ch'egli con molte lagrime l'abbracciò e baciò, e disse: - Or ecco, ben mi duole la morte di Bindo, perch'egli m'aiutò a guadagnare gran parte di quel ch'io ho; ma egli è tanta l'allegrezza ch'io ho ora di te, che mitiga quel dolore. - E fecelo menare a casa, e comandò a' fattori suoi e a' compagni e agli scudieri e a' fanti, e quanti n'erano in casa, che Giannetto fosse ubidito e servito più che la sua persona. E prima a lui consegnò le chiavi di tutti i suoi contanti e disse: - Figliuolo mio, ciò che c'è è tuo: e vesti e calza oggimai come ti piace, e metti tavola a' cittadini, e fatti conoscere; però ch'io lascio a te questo pensiero, e tanto meglio ti vorrò, quanto più ti farai valere. Per che Giannetto cominciò a usare co' gentiluomini di Vinegia, cominciò a fare cene e desinari, cominciò a donare, e vestir famigli, e a comperare di buoni corsieri, e a giostrare e.bagorilare, come quel ch'era esperto e pratico e magnanimo e cortese in ogni cosa; e ben sapeva fare onore e cortesia dove si conveniva, e sempre rendeva onore a messere Ansaldo, più che se fosse stato cento volte suo padre. E seppesi sì saviamente mantenere con ogni maniera di gente, che quasi lutto il comune di Vinegia gli voleva, bene, veggendolo tanto savio e con tanta piacevolezza, e cortese oltre a misura. Di che le donne e gli uomini ne erano innamorati, e messere Ansaldo non vedeva più oltre che lui, tanto gli piacevano i modi e le maniere che tenea. E quasi non si facea niuna festa in V inegia, che il detto Giannetto non vi fosse invitato, tanto gli era voluto bene da ogni persona.


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]