(Novella CXXIII)
BERTO FOLCHI E LA GATTA OSTINATA
Berto Folchi è preso, standosi al fuoco, da una gatta; e se non fosse la moglie, che con un sottile avviso ti liberòe, egli ne venìa a pericolo di morte.
A
DRIETO in una novella è dimostrato, come Berto Folchi fu colto in iscambio d'una botta; ora in questa piccola novelletta voglio mostrare, come fu colto in iscambio d'uno topo; la quale sta per questa forma.
Il detto Berto, essendo del mese d'ottobre, ed essendo a uno suo luogo a Scandicci, contado di Firenze, aveva un ciccione nel sedere, appunto dove si tiene il brachiere; ed era sì velenoso, che molti dì gli avea quasi dato un poco di febbre; e convenia che per quello s'andasse e stesse per casa sanza panni di gamba.
Avvenne che una sera, avendo quattro bellissimi tordi, e volendoli arrostire a suo modo, avea detto a una sua fanticella, gli recasse a un fuoco, che era in sala; e quivi acconciando lo schedone, ponendosi a sedere su uno deschetto e pigliando la paletta, e acconciando il fuoco, e volendo che li detti tordi per ragione fossono cotti, per mangiarseli in santa pace con la sua donna; essendo una sua gatta sotto il deschetto, come sempre stanno, ebbe veduta la masserizia di Berto pengigliare tra li piè del deschetto, avvisandosi forsi quella essere un topo, avventasi e dagli d'ùncico.
Come Berto si sente così preso, getta le mani verso la gatta, e pigliandola, se la volea levar da dosso; ma quanto più questo facea, la gatta, faccendo "gnao" più l'afferrava; tantoché per la pena cominciò a gridare. La fante, che volgea lo schedone, dicea: - Che avete voi, Berto?
|