NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Il vescovo disse: - Non che di stuoie, ma io la farò fare d'assi, sì che starà per forma che mai non serai veduto; - e così fece.
     Bonamico trovati gli alberelli e' colori, con l'altre masserizie, entrò nella chiusa dove dovea dipignere; e quivi tutto per contrario cominciò a dipignere quello che 'l vescovo gli avea imposto, faccende un fiere e gran leone addosso a una sbranata aguglia; e compiuto che l'ebbe, serrato tenendo quel chiuso dove l'avea dipinto, disse al vescovo gli mancavano alcuni colori e che avea bisogno alcuni serrami serrassi[no] il chiuso dove dipignea, tantoché andasse e tornasse da Firenze.
     Udito ciò il vescovo, fece dare ordine si serrasse e con chiavistello e con chiave, tantoché Bonamico tornasse da Firenze. E così Bonamico si partì e vennesene a Firenze. E 'l vescovo, aspettando l'un dì e un altro, e Bonamico non tornando ad Arezzo (perocché partito s'era, ed avea compiuta la dipintura e con animo di non tornarvi più), quando il vescovo fu stato più dì e vide che Bonamico non tornava, comanda a certi famigli che vadano a spezzare l'asse del ponte e veggano quello che Bonamico ha dipinto. Di che alcuni andarono, e apersono e vidono la dipintura fatta; e ciò veduto, vanno al vescovo e dicono: - La dipintura sta per forma che 'l dipintore v'ha ben servito alla 'ndreto.

     - O come sta?
     Fugli detto. E volendone esser certo, l'andò a vedere; e veduta che l'ebbe, venne in tanta ira che gli fece dar bando dell'avere e della persona, e insino a Firenze il mandò a minacciare. E Bonamico rispose a quelli, che 'l minacciava per sua parte: - Di' al vescovo che mi faccia il peggio che puote; ché se mi vorrà, converrà che mi mandi la mitera.


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