NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     L
     A precedente novella fu con danno e con le beffe; questa che sèguita, fu d'una nuova beffa, quanto mai fosse alcuna, e con poco danno altrui; la quale sta in questa forma.
     Certi fiorentini erano a cena in una chiesa di Firenze, la quale era non molto lungi dal palagio del Podestà; ed essendo tra loro in quel luogo entrata un'orsa (la quale era del Podestà, ed era molto domestica), andando questa più volte sotto la mensa a loro, disse uno di loro: - Vogliam noi fare un bel fatto? Quando noi abbiamo cenato, conduciamo quest'orsa a Santa Maria in Lampo, deve il vescovo di Fiesole tien ragione (ché sapete che non vi s'incatenaccia mai la porta), e leghiamli le zampe dinanzi, l'una a una campana, e l'altra a un'altra, e poi ce ne vegniamo; e vedrete barili andare.

     Dicono gli altri: - Deh facciamlo.
     Era del mese di novembre, che si cena di notte. Essendo in concordia, danno di mano all'orsa, e per forza la conducono nel detto luogo; ed entrati nella chiesa, si avviano verso le funi delle campane, e prese l'uno di loro l'una zampa e l'altro l'altra, le legarono alle dette campane, e subito danno volta, andandosene ratti quanto poterono.
     L'orsa, sentendosi così legata tirando e tempestando per sciogliersi, le campane cominciano a sonare senza niuna misura. Il prete e 'l cherico si destano, cominciano a smemorare: - Che vuol dire quello? chi suona quelle campane?
     Di fuori si comincia a gridare: - Al fuoco, al fuoco!
     La Badia comincia a sonare, perché l'Arte della lana è presso a quel luogo. I lanaiuoli e ogni altra gente si levano e cominciano a trarre: - Dov'è? dov'è?


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