NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     (Dagli Assempri, XLVII)



     ANDREA DA BARBERINO

     PRODEZZE D'ORLANDO BAMBINO

     E
     SSENDO lo re Carlo alla città di Sutri, tenne sempre magna corte; ed era sempre di consuetudine che tutta la vivanda che avanzava alla tavola di Carlo si dava per l'amor di Dio a' poveri. Intervenne che la prima mattina n'avanzò, perché vi furono pochi poveri; ma egli andò la nominanza nelle ville, e l'altra mattina v'erano molti poveri. E in quella mattina venne Orlandino alla città, e vedendo tanta gente armata e disarmata, cominciossi a maravigliare, e domandò certi che egli conosceva che gente era questa, e fugli detto: - Egli è venuto uno grande signore, chiamato Carlo Magno, ed è re di Franza ed è fatto imperadore di Roma. - Orlandino domandò che cosa era imperadore: fugli detto come lo imperadore era difenditore della fede cristiana, e che tutti i signori dovevano ubidire al papa e a lui e per bene della cristiana fede e per riposo delle province del mondo e delle città e de' popoli. Apresso, vedendo Orlandino l'arme in dosso a quelli cavalieri armati, le guatava e diceva: - O Iddio, quando sarò io grande, ch'io possa anch'io portare quelle arme! - E andando acattando per una vicinanza, gli fu detto ch'egli andasse alla corte, ché vi si dava, pane e vino e carne. Ed egli n'andò alla corte, e giunse sì tardi, che la carità era data. Ed egli vide uno briccone che aveva auto roba per quattro. Disse Orlandino: - Tu non dei avere tanta roba, e io non n'ho auto niente. - Rispose il briccone: - Se tu non hai auto, abbiti il danno; fussi venuto a buon'ora, come feci io. - Disse Orlandino: - Perché io venga tardi, tu non debbi avere la parte mia; e però che tu n'hai troppa, dammene una parte. - Disse il briccone: - Io la gitterei inanzi a uno cane. - Orlandino s'adirò e gittossigli a dosso e gittollo in terra e torsegli mezza la roba. Intorno a loro era fatto uno cerchio di gentili uomini e contigiani, e facevano le maggiori risa del mondo, vedendo uno sì pitetto valletto battere uno sì grande briccone; e confortavano Orlandino ch'egli lo battesse; e poi gli feciono dare del pane e del vino e carne assai. E tornò a Berta e dissegli ch'egli era una gran gente a Sutri, "e dicono ch'egli è Carlo Magno di Franza". Quando Berta l'udì, tutta tremava di paura, e diceva a Orlandino: - Figlio mio, non vi andate più a quella corte. - Ed egli disse: - O come, madre? Eglino vi vanno altri poveri, perché non volete ch'io vi vada? - Ed ella disse: - Temo che quello Carlo non ti faccia male. - Ed egli rispuose: - Io non ho paura di cotesto. - E la sera tornò alla corte; e quando vedeva alcuno di quelli bricconi che n'avevano più che di ragione, e Orlandino glie le toglieva e davala a' poveri bisognosi o a' fanciulli che non ne potevano avere. E molti cortigiani lo amavano, e quelli bricconi gli volevano male di morte.


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