NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     A queste parole li Signori ed il popolo rimasono molto maravigliosi; e saputo da Ippolito esser vero tutto quello che la Fanciulla diceva, mandato per li padri loro, li quali inteso il caso, quivi in presenzia de' Signori e del popolo mandaro per molte donne e comitate notabilissime, e fatta una bellissima festa, fermarono 'l parentado: e dove già dugent'anni e Bardi e Bondelmonti erano stati nemici a morte, divennono tanto amici per lo parentado, che tutti parevano d'uno sangue.
     Ippolito e Leonora vissono lungo tempo in grandissimi piaceri con allegrezza e consolazione d'amicizia, di roba, e di bellissimi figlioli.
     Che diremo dunque male dell'amore che fu cagione di tanto bene? Certo quella persona che mai non è punta dall'amore, non può sapere che cosa sia malinconia, piacere, animo, paura, dolore e dolcezza.




     ANTONIO MANETTI

     LA NOVELLA DEL GRASSO LEGNAIOLO

     L
     A città di Firenze ha avuto uomini molto sollazzevoli e piacenti ne' tempi adietro, e massime l'età passata, nella quale accadde nello anno l409 che, così come per lo adietro erano usati, ritrovandosi una domenica sera a Siena insieme certa brigata et compagnia di più uomini dabbene, così di regimento come maestri d'alcune arti miste e d'ingegno, quali sono dipintori, orefici, scultori e legnajuoli e simili artefici, in casa di Tomaso Pecori, uomo molto dabbene e sollazzevole e d'intelletto, appresso del quale egli erano, perché di loro pigliava piacere grandissimo; et avendo cenato lietamente, e sedendosi al fuoco, perche era di verno, quando in disparte e quando tutti insieme quivi di varie e piacievoli cose ragionando, conferivano intra loro la maggiore parte dell'arte e professione sua. Et mentre che confabulavano insieme, disse uno di loro: Che vuol dire che questa sera non ci è stato Manetto legniajuolo? (ché così aveva nome uno, che era chiamato el Grasso:) e nel rispondere si mostrò che alcuno di loro gliene avessi detto e non ve lo avesse potuto condurre, che se ne fussi stata la cagione. Questo legniajuolo faceva la bottega in su la piazza di Santo Giovanni, e era in quel tempo di quella arte nel numero de' buoni maestri di Firenze; et infra l'altre cose egli aveva fama di fare molto bene e colmi e le tavole d'altari, e simili cose, che non era per allora atto ogni legniajuolo et era piacevolissima persona, come sono la maggiore parte de' grassi, e invero più presto aveva un poco del semplice che no: d'età di anni circa ventotto, grande di persona, e compresso; onde nasceva che generalmente da ogni uomo egli era chiamato el Grasso. Ma non era però tanto semplice, che da altri che da sottili uomini fusse stata compresa la sua semplicità, come quella che non teneva in tutto dello sciocco. E perch'egli era sempre usato di trovarsi con questa brigata, non v' essendo la sera, diè loro materia di fantasticare la cagione della sua assenzia; e non potendo altrimenti trovarla, conchiusono che altro che qualche sua bizzarria, di che anche e' sentiva qualche pochetto, non l'avea ritenuto. Il che tenendosi da lui un poco scornati, perché generalmente erano questi tutti di migliore qualità e condizioni di lui, e fantasticando piacevolmente come di questa ingiuria vendicare si potessono, disse quello che aveva prima mosso le parole: E' se gli potrebbe fare qualche giarda, e farnelo più savio per un'altra volta. E che, rispose uno degli altri, che se gli potrebbe fare, se non gli si facessi con qualche trappola pagare una cena, e lui non vi si trovassi? Era fra costoro Filippo di ser Brunellesco, uomo di maraviglioso ingegno et intelletto, come ancora è noto alla maggiore parte degli uomini. Costui adunque, che in quel tempo era d'età d'anni trentadue in circa, e che per lo essere molto uso col Grasso l'aveva carattato a nuoto, e qualche volta cautamente ne pigliava piacere, poiché alquanto fu stato sopra di sé, disse: E' mi darebbe el cuore, che noi gli faremo una piacevole natta in luogo di vendetta del non essere venuto questa sera, di condizione che noi n'aremo ancora di grandi piaceri e di gran sollazzi: se voi me ne credessi, e' mi darebbe el cuore. Modo ho pensato, che noi gli faremo credere, che fusse diventato un altro, e che non fussi più el Grasso legniajuolo: con un certo ghigno, ch'egli aveva per natura, e per la fidanza di sé. Et ancora che la brigata conoscessi Filippo di grande ingegno (ché bene è orbo chi non vede il sole), perché a ciò che si dava, e in ciò che si travagliava, appariva così; però, avengaché non fussino tutti ignoranti affatto della semplicità del Grasso, quello ch'e' diceva pareva a tutti impossibile di farlo: a' quali Filippo assegnate sue ragioni et argumenti cauti e sottili, come colui che era a quelli molto atto, con non molte parole gli fece capaci questo potersi fare. E rimasi insieme d'accordo del modo ch'egli avessero a tenere che la cosa andassi segreta, conchiusono così sollazzevolemente che la vendetta si facessi, e che se gli desse a crcdere che fuss i diventato uno ch'aveva nome Matteo, noto di qualche parte di loro, e del Grasso non meno, ma non però di quegli intrinsichi che si ritrovavano a mangiare insieme: et colle maggiori risa del mondo feciono questa conclusione; alcuni di loro recatisi così un poco da canto, che quanto più presto meglio. El principio di questa storia sollazzevole non s'indugiò, anzi fu la seguente sera in questa forma. Filippo, come quello che era molto familiare di costui, e sapeva ogni cosa non altrimenti che si sapessi lui medesimo, perché tutto gli conferiva bonariamente (ché altrimenti non arebbe potuto fare quello che lui intendeva) in su l'ora che è d'usanza di serrare le botteghe di simili esercizi per lavorare drento con lume, se n'andò alla bottega del Grasso, ché mille altre volte v'era stato a quell'ora, e quivi ragionando con lui un pezzo, giunse, come era ordinato, un fanciullo molto affannato, e domandò: Usa qui Filippo di ser Brunellesco? A cui Filippo, fattosi innanzi, disse: Sono io desso, e che vai tu cercando? Rispose el fanciullo: Se voi siate desso voi, e' vi conviene venir testè insino a casa vostra. Disse Filippo: Dio m'ajuti! che novelle? Rispose il fanciullo: Io son mandato a voi correndo, e la ragione è, che da due ore in qua egli è venuto un grande accidente a vostra madre, ed è quasi che morta, sicché venitene tosto. Filippo, fatto vista di maravigiiarsi assai di questo caso, di nuovo raccomandandosene a Dio, prese licenza dal Grasso; ma lui, come ad amico, disse: I' vo' venir con teco, se bisognassi fare più una cosa che un'altra: questi sono casi che. non si vuole risparmiare persona: io vo' serrare la bottega, e vengone. Filippo ringraziotolo disse: Io non vo' che per ora tu venga: e' non de' potere essere di molta importanza questo caso per certo; ma, se niente bisognerà, i' te lo manderò a dire: soprastà un poco in mio servigio in bottega, e non ti partire per caso nessuno, se bisognassi; e non ti mandando a dire altro poi, va pe' fatti tua. E partito Filippo, avendo fermo il Grasso a bottega, e faciendo sembianti d'andare a casa sua, e' da una volta se n'andò a casa el Grasso, che era quivi vicina da S. Maria del Fiore; et aperto l'uscio con uno coltello, come colui che sapeva el modo, entrò in casa, e serrossi drento col chiavistello per modo che persona non vi potessi entrare. Aveva il Grasso madre, ma ella era ita in villa di que' dì in Polverosa a fare bucato, et fare insalare carne, e per altre faccende, come occorre, e di dì in dì doveva tornare, secondo ch'el Grasso stimava; ed era la cagione perché lasciava l'uscio così, e Filippo ci sapeva. Soprastato el Grasso alquanto a bottega, e dipoi serrato quella, per satisfare più compiutamente alla promessa di Filippo andò più volte di giù in su intorno a bottega, e dopo le molte, dicendo: Le cose di Filippo non debbono andare male, e' non arà bisogno di me; e con queste parole s aviò verso casa sua, e giunto all'uscio, el quale saliva due scaglioni, volle aprire, com'egli era usato di fare; e più volte provandosi, e non potendo, s'avide che l'uscio era serrato drento. Il perché, picchiato forte, disse: Chi è su? apritemi; avisandosi che la madre fussi tornata, e serrato l'uscio drento per qualche rispetto, o che la non se ne fussi avveduta. Filippo, fattosi in capo di scala, contrafacendo la boce del Grasso, che pareva tutto lui, disse: Chi è giù? El Grasso, benché gli paressi piuttosto la boce d'altri che quella della madre, disse: Io sono el Grasso. Di che Filippo finse che chi parlassi fussi quello Matteo, che volevano dare a 'ntendere al Grasso che fussi diventato, e disse: Deh, Matteo, vatti con Dio, ch'io ho briga un mondo; dianzi essendo Filippo di ser Brunellesco a bottega mia, gli fu venuto a dire come la madre da poche ore in qua stava in caso di morte, il perché io ho la mala sera. E, rivoltosi indietro, finse di dire alla madre: Fate ch'io ceni; egli è due dì che voi dovevate tornare, e tornate anche di notte: et seguitò parecchi parole rimbrottose. Udendo el Grasso colui che era in casa così rimbrottare la madre, e parendogli non solamente l a sua bocie, ma tutti i suoi atti et modi, disse fra sé medesimo: Che vuole dire questo? e' mi pare che costui ch'è su sia me, a dire che Filippo era alla bottega sua, e come gli fu venuto a dire che la madre stava male; et oltre a ciò grida con mona Giovanna, et ha tutta la bocie mia: sarei io mai smemorato? E sceso e due scaglioni, e tiratosi indietro per chiamare dalle finestre, vi sopraggiunse, come era ordinato, Donatello intagliatore, che fu della qualità ch'a ciascuno è noto, che era della brigata della ciena et amico del Grasso; e giunto a lui, così al barlume, disse: Buona sera, Matteo, cerchi tu el Grasso? poco è che se ne andò in casa, e non si fermò, ma tirò pe' fatti sua. El Grasso, udito questo, se s'era maravigliato, ora si maravigliò più che mai, udendo che Donato lo chiamava Matteo. E rimasto così stupefatto e come smemorato, che 'l sì e 'l no nel capo gli tenciona, si tirò in sulla piazza di Santo Giovanni dicendo infra sé: io starò tanto qui, ch' e' el passerà qualcuno che mi conoscierà e dirà chi io sia; seguitando: Ohimè! sarei io mai Calandrino, ch'io sia sì tosto diventato un altro senza essermene avveduto? E così stando mezzo fuori di sé, vi giunse, come era ordinato, sei famigli di quegli dello Uficiale della Mercatanzia, et uno messo, e fra loro era uno ch'egli avevano finto che fussi creditore di quello Matteo ch' el Grasso si cominciava quasi a dare a 'ntendere d'essere; et accostatosi al Grasso, si volse al messo et a' fanti, e disse: Menatene qui Matteo, questo è el mio debitore: vedi ch'io t'ho tanto codiato, ch'io t'ho colto. E famigli e 'l messo lo presono, e cominciorono a menarnelo via. El Grasso, rivoltosi a costui che 'l faceva pigliare, e pontato e piè innanzi, gli dicie: Che i' ho a fare teco, che tu mi fai pigliare? di' che mi lascino: tu m'hai colto in iscambio, ch'i' non sono chi tu credi, e fai una gran villania a farmi questa vergogna, non avendo a fare nulla teco: io sono el Grasso legniajuolo, et non sono Matteo, e non so che Matteo tu ti dica. E volle cominciare a dare loro, come quello che era grande e di buona forza; ma e' gli presono di subito le braccia, e 'l creditore fattosi innanzi lo guatò molto bene in viso, e disse: Come! non hai a fare nulla meco? sì ch'io non conosco Matteo mio debitore, e chi è el Grasso legniajuolo! io t'ho scritto in sul libro: et ècci meglio, ch'io n'ho la sentenzia un anno fa o più: come! non hai a fare nulla meco? et dicie anche che non è Matteo, el ribaldo! menatelo via: questa volta ti converrà pagare, innanzi che tu te ne sbrighi: vedrenola se tu sarai desso o no. E così bisticciandosi insieme lo condussero alla Mercatanzia; e perch'egli era quasi mezz'ora innanzi all'otta de la ciena, et assai bujo, per la via né là mai trovarono persona che gli conoscessi. Giunti quivi, el notajo finse di scrivere el nome di Matteo al bastardello, ché di tutto era informato da Tomaso Pecori, di cui egli era molto dimestico, e misselo nella prigione. Gli altri prigioni che v'erano, avendo udito lo strepito quando giunse, e nominarlo più volte Matteo, come fu tra loro, sanza dimandarlo altrimenti, come così avessi nome lo ricevettono, non v'essendo per avventura alcuno che 'l conoscessi, se non per veduta; e udendosi e vedendo chiamare Matteo da tutti coloro a quello che occorreva, tutto invasato quasi per certo gli parve essere un altro. Et essendo domandato perché egli era preso, disse: l'ho a dare a uno parecchi danari, e sono qui; ma io mi spaccerò domattina di buon'ora (carico tutto di confusione). E prigioni dissono: Tu vedi, noi siamo per cenare, ciena con esso noi, e poi domattina ti spaccerai; ma bene t'avvisiamo, che qui si sta sempre qualche tempo più che altri non si crede: Dio ti dia grazia che così none intervenga a te. El Grasso accettò lo 'nvito, e poco cienò; e cienato ch'egli ebbono, uno di loro gli prestò una prodiciella d'un suo canile, dicendo: Matteo, statti que el meglio che tu puoi per stanotte, e poi domattina, se tu n'uscirai, bene fia; et se no, manderai per qualche panno a casa tua. El Grasso lo ringraziò, et acconciossi per d ormire el meglio che poté. Come 'l garzone, che era stato nei luogo del creditore, ebbe acconcio quello che gli parve el bisogno alla Mercatanzia, Filippo di ser Brunellesco s'accozzò con lui, e da lui ebbe ogni particulare e della presura e del condurlo in prigione, e andò via. El Grasso, coricatosi in quella proda, et entrato in questo pensiero, diceva da sé a sé: Che debb'io fare s'io sono diventato Matteo, ché mi pare esser certo ora mai che così sia per quanti segni quant'io ho veduti, et accordandosene ognuno unitamente; ma quale Matteo è questo? Ma s'egli avviene ch'io mandi a casa a mia madre, e 'l Grasso sia in casa, ché ve lo senti', poiché così è, e' si faranno beffe di me. Et in su questi pensieri, affermando ora d'essere Matteo et ora d'essere el Grasso, stette insino alla mattina che quasi mai dormì sodamente, ma sempre in albagie, che lo tormentavano per tutti e versi. E levatosi come gli altri, standosi alla finestrella de l'uscio della prigione, avvisandosi per certo quivi dovere capitare qualcuno che lo conoscessi per uscire de' dubbj in che egli era entrato quella notte, entrò nella Mercatanzia Giovanni di messer Francesco Rucellai, el quale era della loro compagnia, e stato alla ciena et alla piacevole congiura, et era molto noto del Grasso, e facevagli in quel tempo uno colmo per una Nostra Donna, et pure el dì dinanzi era stato con lui un buon pezzo a bottega a sollecitarlo, et avevagli promesso dargliele ivi a quattro dì. Costui, giunto alla Mercatanzia, misse così el capo drento all'uscio dove rispondeva la finestra de' prigioni, che era in que' tempi in terreno, alla quale el Grasso era; e veduto Giovanni, cominciollo a guardare in viso e ghignò; e Giovanni, come se cercassi di chicchessia, guardò lui come se mai non l'avessi veduto, perché Matteo non era suo noto, o e' ne fecie le viste, e disse: Di che ridi, compagno? El Grasso disse: Non d'altro no: e, veduto che non lo raffigurava, lo domandò: Uom dabbene, conosceresti voi uno che ha nome el Grasso, che sta in su la piazza di Santo Giovanni colà di dietro, che fa le tarsie? Di' tu a me? disse Giovanni; seguitando: Come! lo conosco sì bene: oh! egli è tutto mio, e tosto voglio andare insino a lui per un poco di lavorio che mi fa: se' tu preso a sua stanza? Disse el Grasso: No, Santa Maria; poi seguitò: Perdonatemi, però io vi richiederò a sicurtà: deh fatemi un piacere, poiché per altro avete a ire a lui, deh ditegli: Egli è preso alla Mercatanzia uno tuo amico, e dicie, che in servigio tu gli faccia un poco motto. Dicie Giovanni (guardandolo in viso continovamente, tenendo con fatica le risa): Chi se' tu, ch'io ho a dire che mandi per lui? (acciocché confessassi esser Matteo, per dargliene poi qualche volta noja). Disse el Grasso: Non vi curate, e' basta dirgli così. Disse allora Giovanni: Io lo farò volentieri, se basta; e partissi; e trovato Filippo io ragguagliò, ridendo, d'ogni cosa. Rimasto el Grasso alla finestra della prigione, infra sé medesimo diceva: Oggimai poss'io essere certo ch'io non sono più el Grasso; oh! Giovanni Rucellai non mi levò mai occhio d'addosso, e non mi conosce, che è a ogni ora in bottega, e non è però smemorato: io non sono più el Grasso di certo, e sono diventato Matteo; che maladetta sia la mia fortuna e la mia disgrazia, ché, se si scopre questo fatto, io sono vituperato, e sarò tenuto pazzo, e correrannomi dietro e fanciulli, e corròcci mille pericoli. Oltre a questo, che arò a fare de' debiti d'un altro io, e delle zacchere, che sempre me ne sono guardato, e di mille altri errori da poterne essere pericolato? Poi questo non si può conferire, di questo non si può pigliare consiglio; e Dio il sa s'io n'arei di bisogno! sicché in ogni modo io sto male. Ma veggiamo se 'l Grasso venissi, e venendo, intenderò forse quello che questo vuole dire: sarebbe mai lui diventato me? Et aspettato un gran pezzo che costui venisse, con questa fantasia, non venendo, si tirò addietro per dare luogo a un altro, guardando lo ammattonato, e quando el palco, con le dita delle mani commesse. Era in que' dì nella detta prigione sost enuto per debito uno giudice, assai valente uomo, e non meno per fama d'altra litteratura che di leggi notissimo, il nome del quale è bene tacierci. Costui, posto che non conoscessi el Grasso, e nessuna notizia avesse di lui, veggendolo sì malinconoso et con questi atti, e credendo che fussi per rispetto del debito così nello animo gravato, come quello che aveva ordinato el caso suo, e non gli dava più noia, e dovevane uscire di presente, s'ingegnò di confortarlo per carità, come si fa qualche volta, dicendo: Do! Matteo, tu stai sì malinconoso, che se tu fussi per perdere la persona, o in pericolo di qualche gran vergogna, basterebbe; e, secondo che tu di', questo è uno piccolo debito. E' non si vuole nelle fortune così abbandonare: perché non mandi tu per qualche amico o parente? non hai tu persona? Eh cerca di pagare, o d'accordarti in qualche modo, che tu n'esca di prigione, e non ti dare tanta maninconia. Veggendosi el Grasso confortare tanto amorevolmente, e con così buone parole, non disse a lui, come avrebbe forse fatto un altro: Come non cercate voi anche el fatto vostro? ma deliberò più saviamente però, conoscendolo per un uomo dabbene, e fece pensiero di parlargli con ogni riverenza ancora che fussi quivi, et aprirgli el caso suo intervenutogli interamente; e tiratolo così da uno canto della prigione, gli disse: Messere, posto che voi non conosciate me, io conosco bene voi, e so che voi siate valente uomo: il perché la umanità vostra usatami mi dà cagione, ch'i' ho dilibero di dirvi quella cosa che mi tiene così malinconoso, ch'io non voglio che voi crediate, né voi né persona, che per uno piccolo debito, ancora ch'io sia povero artefice, io stessi con tanta pena; ma altro el è in vero che mi prieme, e forse cosa che non avvenne mai più a persona del mondo. El dottore non si maravigliò poco udendogli dire queste parole, e stavalo a udire con grande attenzione.


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