Intesisi prima bene insieme, gionto al primo letto, salutato lo 'nfermo, il polso li toccò; e dimandatolo delli accidenti suoi, ed esso risposto alla domanda, disse il maestro: Fratello mio, non temere, che presto sarai guarito, se tu mi ubbiderai.
Lui respose ubbidirlo. Il maestro voltossi per lato ad Amerigo, dimostrando di non volere che lo 'nfermo l'udisse, benché altro non volesse; e con voce quasi appiattata disse: Amerigo, fa che domattina al levar del sole tu abbi messo in ponto per costui un argumento d'un quarto d'olio; e quando e' bolle ben forte, che tutto lo riceva in corpo; e perché sarà pur penoso a sofferire, per lo forte bullire, legalo prima in forma che stia ben saldo, e che lo riceva s'egli scoppiasse. A cui Amerigo rispose:
Lassate pur fare a me; che questo non è il primo. Allora il maestro, lui lassando, seguitando all'altro infermo fatto l'atto de' medici a modo usato, con quella medesima voce voltossi ad Amerigo, e disse: Fa che domattina all'alba tu abbi piena d'acqua quella caldaia grande, e falla bollire, e quando vedi che bolle ben forte, mettivi dentro costui, e fa che bolla un'ora e non più punto; che potrebbe spolparsi.
Amerigo disse: Sarà fatto, maestro.
Poi al terzo voltossi ch'era ritropico, e pur col medesimo atto e voce disse ad Amerigo: A costui bisogna fare la peccia a suzzare. Fa che domattina per tempo tu abbi messo in ponto il cilandro ben carico; e fa che costui tu cilandri due ore e non più, che potrebbe crepare.
Amerigo disse: Lassate pur fare a me.
|