NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Ora se alcuno errore fra costoro si commisse, o veramente operazione commendabile, s'addomanda a chi legge chiarirsi.
     (Da Le Novelle, XXII)



     SER MEOCCIO GHIOTTONE

     Ser Meoccio ghiottone piovano di Pernina, con false predighe diè a intendere a' suoi popolani, che a dare limosine a poveri o a incarcerati fusse peccato, e a sé le ridusse facendo l'altare ben fruttare: e uno libricciuolo di ricette di cuochi per breviale studiando, il quale pervenuto alle mani di Lodovico Salerni, di quello e di molte altre cattività in presenzia del popolo lo vituperò, che fu cagione di cacciarlo. E fuggitosi in parte ove da corsari fu preso, e posto in galea, assuzzò la gran peccia: e divenuto vecchio, cieco e povero e infermo, stando a Roma accattare, a caso Lodovico ricognosciutolo. per compassione lo rivestì e alla sua casa lo rimenò.


     U
     NA pieve è appresso a Siena quattro miglia che si chiama Pernina, ove era uno piovano che ser Meoccio d'Acquapendente avea nome, a cui molto le bone vivande piacevano quando erano assai, e al governo del corpo più che ad altro attendea; e però molto li luccicava la pelle. Il quale, secondo il loco dove era, pareva che assai bene all'altare e in coro comparisse, ed anco in predighe adattava assai bene sue parole, che per lo paese avevano uno buono corso: e di buona vita e conscienzia tenuto, secretamente modi teneva che tutte le ghiottornie che 'a paese si pigliavano, bisognava che alla sua valdiguglia arrivassero; usando poco d'uscire fuora di casa, ché 'l più del tempo a cucinare si sarebbe trovato. Il quale per bene potere pappare e leccare fe' suo avviso di dare a intendere ai suoi popolani di farli tutti arricchire, e salvare l'anime loro: e però ogni mattina di testa cominciò a predigare, ammonendo da prima uomini e donne assai acconciamente: e vedutosi avere buono corso; e col tempo che una grossa grandine di pochi dì v'era piovuta, ch'l paese molto aveva diserto; la mattina di pasqua rosada, avendo gran popolo e predicando avacciato il vangelo con bello modo intrò in quello che voleva, dicendo: Figlioli in Cristo Gesù, io son qui per dirvi la verità e non per lisciarvi la coda. Non senza cagione Iddio tribula i peccatori, e massime quelli che non fanno conto né stima di lui come e' dovrebbero. Se uno signore terreno vuole essere ubbidito e onorato, Iddio, che è signore del tutto, che credete voi che ne li paia, non vedendo esserli renduto grazia di bene che vi conceda? Perché credete voi che spesso e' vi visiti con guerre, morie, carestie, tuoni, baleni, tremuoti, tempeste, grandini, come aveste uno di quei dì che è disfatto questo paese? Solo per vostri peccati! Non sapete voi ch'egli è so ciò che avete? e voi ingrati e sconoscenti da lui non riconoscete niente! Se uno vostro mezzajolo vi dà una sua possessione a lavorare, non gli date voi il mezzo d'ogni frutto? E Iddio che al decimo rimane contento, perché non gliel date, e anco gli fate la parte in su la fetta come volete? E però non vi meravigliate s'egli vi dà delle sue bastonate! Deh, per Dio correggetevi! Io so che stetti quattordici anni in Savoia in uno paesetto, e che in tutto quello tempo non vi fu guerra, né morbo, né carestia, né tuoni, né tremuoti, né grandini, né le molte maledizioni che avete sì spesso voi. Così vi fossi io ora in quello paese, che è uno paese benedetto; e questo v'avviene perché tutti li uomini e donne riconoscono da Dio ogni cosa ch'egli hanno: prima e' sono molto cattolici, poi ogni impresa che fanno, acciocché bene ne pigli, la prima parte assegnano a Dio; e chi ha bestiame, pecore, capre, vacche, porci e qualunque altra bestia si sia, tutte le botano e raccomandano a Dio, offerendogli agnelli, castroni, capretti, porchette, vitelle di latte, sempre. delle più fonte che siano nell'armento, e però fruttano mirabilmente per ogni uno cento più che di qua: e simile non cominciarieno lavorìe, o vigne, o posticcie di piante, che tutte non le botassero a Dio, offerendoli prima la sua debita parte con gran divozione sull'altare, come vino, olio, frutta, e ogni cose che spettano a' frutti. La bella cosa è delle loro savie donne, le quali non porriano una chioccia, che prima a Dio non offerissero tante ova quante sotto la chioccia pongono, e però tutte le vanno bene. Voi donne di qui, di tutte l'ova che mettete a covare ne nascono quattro o sei, che, facendo come loro, nessuna ne fallirebbe. Non dico di lino, che tanto ne ricoglieno ogni anno, che è una dignità a vedere, perché ognuna, come il marito ne semina, beata è quella che più a Dio offerisce, chi davanzali, chi camicie per lo prete e chi camici per lo paramento, e chi tovaglie o sciugatoie; e però Iddio ne li fa cogliere tanto! E oltre a questo usano ogni anno fare uno bello e divoto ufficio per li morti loro in quello dì che di questa vita sono passati infino agli otto anni, cioè sette per li sette peccati mortali e uno per tutti i veniali; sicché in capo d'otto anni sono certi che tutti i loro morti sono fora delle pene del purgatorio. E fanno anco ogni anno ciascuno la festa del so santo che ha nome come loro, così gli uomini come le donne, e ognora che fanno tali offici o feste, vanno a mangiare e fare festa con loro santi o loro morti alla chiesa, ove portano ognuno quelle vivande che possono più onorate ed abbondanti per onorare il padrino e gli altri preti servi di Dio, e per pasqueggiare coi loro santi o morti, i quali sono sempre a' pie' di Dio a pregare per chi gli fa bene: e però in quello paesetto vivono sempre in pace e ricchi d'ogni benedizione, ed ogni loro lavoria o bestiame gli va a bene, che si può dire essere quello paesetto uno novo paradiso terrestre; e questo è perché i loro santi e li loro passati sempre pregano Iddio per loro: sicché sempre, figlioli miei, ogni limosina o bene che voi fate dirizzatela a Dio, che vi può ristorare. Siete voi sì orbi, che non intendiate che ogni limosina che voi offerite all'altare di Dio non vi vaglia assai più che le altre, ché vedete che 'l prete vi dice da parte di Dio "centum pro uno accipietis et vitam aeternam possidebitis", che viene a promettervi cento per uno in questo mondo e vita eterna nell'altro. Che vi può mai fare a ristorarvi uno di questi poveracci poltroni che vanno accattando, che ogni limosina che se gli dà se la vanno ghiottornizzando su per le taverne e su per le barattanie, giocando, biastemmando sempre Iddio e Santi? e voi, miseri, pare che godiate fare più ratto limosina a quelli che a Dio con che venite a favoreggiare quelli che il so santo nome biastemmano. E così similemente fate a' pregioni. Oh sciagurati non sapete voi che in pregione non si metteno se non ladri, traditori, omicidiali, assassini, rubatori da strada e simile gente, i quali Iddio vuole castigarli in pregione acciocchè si correggano? e voi pare che per so dispetto li vogliate colle vostre limosine negli errori loro mantenere: e però vi dico, che chi a quelli dà alcuna limosina o aiuto o favore pecca mortalissimamente. Oh fate, figlioli miei, che più non v'intervenga, e date le limosine a utile e non a danno delle anime vostre! Ché errare non si può a dare l'elemosine a Dio, volendo che Iddio v'abbondi in questo mondo ricchezze, sanità e persone, e nell'altro vi dia vita eterna: e dandole a' pregioni o a quelli gaglioffoni che vanno accattando, male arete in questo mondo e peggio nell'altro. E vuovvi dire come in Savoia, cioè in quello paesetto ov'io so' stato, e' fanno le loro limosine, e simile de' boti, acciocché delle loro lavorìe e di bestiame e d'ogni loro cosa bene li pigli, e tutti all'altare del loro padrino divotamente offeriscono a Dio; e come il padrino ha finita la messa e al popolo si volta, allora beato è quello che a Dio può più belle e buone cose e assai offerire: e per onestà tutte le bestie, come è vitelli di latte, castroni, capretti, agnelli, porchette, paperi, polli e simili cose, tutte a pie' dell'altare d'intorno le assettano, e sull'altare dinari, pane, fiaschi di vino e d'olio, cascio, ova (sempre le più fresche), fichi, mandorle, noci, legumi, cavezzi di panni di tini e lane e molte altre cose secondo le loro divozioni. Il padrino a uno a uno dà la benedizione di Dio, a ciascuno dicendo: "Centum pro uno accipietis et vitam aeternam possidebitis"; e così Iddio che è giusto signore, assai più gli attiene che non gli promette; e però in quello paese sono tutti ricchi e pieni d'ogni bene, e godonsi prima questo mondo e poi quell'altro: e però dico che quello si può dire uno paese santo. Qui finì la prediga sua, e la brigata si partì; e quelli uomini in gran parte rimossi per quella prediga, dando gran fede al piovano, devoti e pensosi se ne vanno. Delle donne non dico, che non prima uscite di chiesa, che tutte forte a berlingare cominciano e ognuna diceva la sua. Chi diceva: Comare, udiste voi mai meglio dire? E l'altra: Per cento costui è un santo. E l'altra: Oh riposo mio, oh che diletto egli è a udirlo o in pergolo o all'altare! E l'altra: vedete voi che pericolo egli è a non avere i preti va lenti che c'insegnino a vivere? Miaffe, dice l'altra, voi dite bene il vero: guardate pur quante cose ci ha insegnate stamane! Noi ci credevamo fare bene a dare delle limosine come noi le davamo: alla fe' di Dio che non mi interverrà più che dia limosina altro che a Dio che mi può aiutare; ma a questi gaglioffoni che vanno dibettolando, Dio me ne guardi e deliberi! E l'altra dice: ora non vedete voi quante buone ragioni e' ci ha assegnate? E forse che non ce l'ha fatte totte toccare con mano? Doh che benedetta sia quella lingua! E l'altra dice: alla croce di Dio, che per l'avvenire io terrò altri modi, or che dice ch'io non posso mai porre una chioccia che la metà delle uova o più non si perdeno. L'altra: fo boto a Dio che come il mio marito seminarà il lino, ch'io lo botarò a Dio, dandogli prima molto bene la sua parte, a sapere s'io ne posso ricogliere bono anno a mio modo. E l'altra dice: uh trista me, e' ci converrà confessare delle male date elemosine! Ben sapete che sì (l'era risposto) ché voi ne siete tenuta a anima e,a corpo. Si, diceva l'altra; in buona fe' che sarà vero, che se vedessi morirli di fame, non li soccorrerei oggimai d'uno bicchiere d'acqua. E così vi dico io, dicevano quelle altre. E così tutte accordatesi a una, chi aveva bestiame, ciascheduna prometteva, chi vitelle di latte, chi castroni, chi agnelli, chi capretti, chi porchette chi polli e chi paperi; e così discorrendo d'ogni cosa che avevano, botavano a Dio dare la sua parte: e dove i mariti loro non facessero, farebbero loro di secreto E così attendevano delle più belle e più fonite cose che avevano; per modo che in mane di pasqua, o altre feste solenni, l'altare della sua pieve sì come una pizzigaria di pollaioli e di soffrittaioli o di beccari diventato pareva, e la pietra sagrata pareva delle loro monete il banco Baratoli; e Dio sa la malanconia che aveva il piovano il quale a tutti dava la benedizione pagando di "centum pro uno accipietis", facendo mane e sera buono piattello. E avendo il piovano già quasi tutti i suoi popolani dirizzati a fare la festa ogni anno ciascuno del suo santo, accadde che uno che Vincenzio aveva nome, facendo di santo Vincenzio la festa, la quale in venerdì venia, Vincenzio per consiglio del piovano comparò molto pesce, fra quale un'anguilla grossa di bene dieci libbre, e quattro tenche grosse; e perché alla pieve gionse uno poco tardetto a ora che 'l piovano predicava, uno Guerino, che la mattina era suo coco, non avendo pratica di sì grosse anguille apparecchiare, non sapendo che farsi con l'anguilla e le tenche in atto di buffone in su l'uscio della chiesa n'andò, e, colto il tempo, al piovano la anguilla e le tenche mostrò, di spallucce con molti altri fatti facendo; intermodo che 'l piovano subito intese che non sapeva conciarle subito prese riparo ad insegnarglielo. E narrando i miracoli e martiri di santo Vincenzio, fece una incidenzia, dicendo: Quanto santo Vincenzio era ordinato nel mangiare e nel bere! E' non faceva come questi ghiottoni del dì d'oggi, che ve ne vuò contare una ch'io ne vidi. Una volta essendo fanciulletto ad Acquapendente, vennero a desinare col mio maestro quattro gioveni, e recano quattro tenche grosse e una grossa anguilla di Marca, e in tutto furo loro quattro e 'l mio maestro cinque ed io che servivo: e dinovvi la golosità ch'io gli vidi fare: Prima pellaro quella anguilla con l'acqua bollita e cavano quello dentro, e mozzano la coda e la testa, poi lavano bene a sei acque poi ne fecero nocchi agugliati d'uno palmo l'uno o meno, e miserli in uno spiedone con frondi d'alloro in mezzo tra' ronchi acciocché non s'attaccasseno insieme, e così temperatamente l'arrostiro: e avendo prima messo in una conchetta sale, aceto e un gocciolino d'olio, con quattro spezziarie dentro; cioè pepe, specie, garofani e celamo fino, di ognuno di questi una mezza oncia e con una rametta di osfarino, sempre di questa zenzaverata l'andavano ognendo: e quando fu bene cotta e spolpata la trassero in una conca da gelatina e ivi i rocchi assettaro; poi su vi premettero sei melegrane con bene vinti aranci, e con molte fine specie sopra essa, poi con una teglia da migliacci caldetta la copersero, acciocché calda si mantenesse infine che fossero a tavola. Ed ebbero in prima una lellata con l'ova poi le quattro tenche lesse con tanto savore bianco, che ne toccò una gran scodella per uno, poi quella anguilla arrostita col savore ch'era con essa in concia, poi una torta con tanto zuccaro che era uno abbaglio, poi per guasto anici confetti; e tutte queste cose si mangiaro, che non rimase niente, che a vinticinque sarebbero bastate. Di che veduta io tanta ingordigia e disonestà, tanto mi dispiacque, che io vi prometto in pura conscienzia che quella fu cagione che io il mondo abbandonai e presi questa religione: e Dio mi tenga le soe mani in capo acciocché a quella disonestà mai più non mi ritrovi. E detto questo, dimenticato il resto de' miracoli del santo, temendo che alla cucina non mancasse nulla, la predica lascia. Guerino che di ponto lo intese, ammaestrato di ciò che avesse da fare, di tratto partitosi, pulitamente apparecchiò come il piovano ammaestrato l'avea; sicché sei preti empiro le disondinate bureggie a loro modo; e Vincenzio e la sua famiglia in altro abituro da parte fave e lasche mangiano. Come le insaziabili gole e ingordi tresepi de' preti ebbero diluviato ogni cosa, intesisi insieme, senza levarsi da mensa, tutti ad uno tratto ad alta voce più e più volte gridano misericordia, e senza nulla in testa inginocchioni cominciano a cantare "Te Deum laudamus, te Dominum confitemur". Alle quali grida e canto, trasse Vincenzio e tutta la sua famiglia, e trovati tutti i sei preti inginocchioni in atto di tanta divozione, meravigliatisi del caso, tutti stupefatti si stanno. Il piovano, accennatogli che tutti inginocchioni s'arrecassero, ed essi così facendo, con voce appannata gli disse: Figlioli miei senza peccato, acciocché voi siate di tutto informati, il glorioso santo Vincenzio ci è testé apparito, e santamente ci ha tutti del divino officio detto ringraziati, e dettoci che noi, te, Vincenzio e tua famiglia sommamente ringraziamo per sua parte della memoria che ognuno fate di lui, e massime questa mattina che sì doviziosamente di sì onorate vivande avete noi servi di Dio provveduti, le quali tutte per ordine ha scritto per presentarle dinanzi a Dio. E più ci ha detto che niuno altro di questo paese ha meritato che 'l Santo suo gli apparisca e ringrazi, altro che voi solamente per lo grande onore voi più che altri ci avete fatto questa mattina, e che noi diciamo a monna Cia, che di prossimo fece la festa di santa Lucia, che ella per non aver noi bene trattato con buone vivande non meritò tanto bene né tanta grazia che santa Lucia le apparisse, né di niente la ringnaziasse, allegando che i servi di Dio meritano essere trattati in altra forma che ella non fece per rivenenzia della Santa in quello dì, a volere che bene pigli a chi fa quella festa. E bene lo sa Dio, che questo non avere' io detto, se non ch'ei cel comandò; e più anco ci disse, che a voi e a noi, detto il Te Deum e fatta la confessione generale per lavamento de' vostri peccati, di sua mano nella santa acqua di vita eterna ci darebbe e che chi pure una gocciola n'avesse, li basterebbe a sconto de' suoi peccati. E dicovi che per infine che lui non ebbe finito di dire ciò che volse, mai noi non potemmo parlare di niente. V'aremmo chiamato a vederlo visibilemente come noi, ma come ebbe detto, subito da noi sparì, e allora misericordia cominciammo a gridare e cantare "te deum laudamus". Vincenzio e i suoi credono puramente ogni cosa, e con gran divozione stanno ginocchioni, poi il piovano fece la confessione generale, la quale finita, nel dare la benedizione, siccome il piovano aveva ordinato, venne in quel ponto da una finestrella che dietro loro restava molta acqua rosada con una granatella spruzzata; e a questo di nuovo misericordia ad alta voce gridano: ricevendo quella acqua devotissimamente. Allora disse il piovano che ognuno con gran divozione su per lo capo e per lo viso se ne lavasse più che potesse, che quella era acqua di paradiso a loro gittata per l e mani di santo Vincenzio. E sentendo Vincenzio e i suoi il bono odore di essa acqua con sollicitudine sopra lo capo e per lo viso più che potevano se la strofinavano, credendo certo che di paradiso venisse. Il piovano ringraziando Iddio con grande atto li benedisse e die' loro licenzia con dire di volere Iddio in chiesa ringraziare divotissimamente di tanto miracolo. Vincenzio e i suoi stupefatti e devoti ringraziando Iddio, si partirono. Del quale miracolo subito tutto il paese fu ripieno: per la quale cosa ogniuno che aveva a fare festa del suo santo s'ingegnava più che poteva di buone vivande e in copia avantaggiare; le quali divozioni al piovano non dispiacevano niente per bene delle anime loro.


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