Onde ser Meoccio addomanda per fare la risposta consiglio: quale fu migliore bene che Lodovico in questo facesse, o cacciarlo per le dette cattivitadi sue di Pernina, o veramente poi per compassione, trovatolo povero, cieco, vecchio e infermo accattare, pascerlo, rivestirlo e a casa sua rimenarlo: con riverenzia ricordando, che, a volere bene giudicare, è dannosa la fretta.
(Da Le Novelle, XXIX)
MONNA GIOIOSA E SMERALDO
Monna Gioiosa innamorata di Smeraldo, sotto colore di parentado dè modo averlo seco una notte, e la notte di carnevale l'ebbe a suo modo: e continuando, due gioveni avvedutisene, seppero dar modo ch'ebbero parte della torta a godere. Di che una vicina di lei invidiosa, a madonna Gentile loro madonna e signora l'accusò. La quale dè modo la verità di ponto sapere; e saputala, la invidiosa cacciò e minacciò se mai con persona ne parlasse; e a Monna Gioiosa e a Smeraldo perdonò, avuto rispetto alle intervenute cagioni, e similemente a' due giovani: e a tutto con gran discrezione dà piacevole sentenzia.
N
EL tempo che in Firenze reggeva madonna Gentile, una vedova d'età di trenta anni v'era che monna Gioiosa si chiamava, bella ricca e savia. Accadde ch'ella d'uno bello garzonetto d'età di sedici anni s'innamorò, il quale avea nome Smeraldo, a cui stato era di poco tempo morto il padre; e non avendo né padre né madre, salvo che una sorella di quattro anni, esso alla scuola di grammatica imparava; e spesso da casa di monna Gioiosa passando, essa ogni dì più s'accendeva d'amore. La quale per averlo finse essere sua parente; e questo pubblicato avendo ella con sue vicine, uno dì che al suo uscio stava a sedere passando lui, lo cominciò a chiamare, dicendo: Smeraldo, tu se' troppo salvatico a non farmi mai motto: tu pur sei mio parente. E Smeraldo, essendone nuovo, costumatamente rispose. Ed ella a lui: Chi vi governa te e la Lisa tua sorella? chi pur vi lava il sabbato il capo, che me ne viene compassione? E tanto seppe dire: I' voglio che tu almeno Lisa a casa mi meni, e lassala governare a me; che Smeraldo cominciò a menarvi la sorella, la quale monna Gioiosa diligentissimamente governava. Poi seppe tanto dire, che Smeraldo ogni sabbato andava a farsi il capo lavare. La quale ogni dì più vezzi gli faceva, e spesso più che poteva seco a desinare lo menava. E preso insieme grande amicizia e sicurtà, appressandosi il carnovale, pensiero fece in quella notte d'averlo, e così alcuno dì innanzi dicendoli: Figliuolo mio, tu se' solo in casa: i' voglio che con Lisa e con meco tu venga a fare questo carnovale; ed esso per costume ricusando, infine bisognò che lui v'andasse, e così la sera di carnovale v'andò. Essa con letizia accoltolo, avendo ella ben provveduto a tempo, furono a cena, ove con ristorative e calde vivande lo fece cibare, poi al fuoco ridottisi buona dotta vegghiaro. Poi Smeraldo a casa volendone andare, licenzia domandò. A cui ella con ferrato viso disse: Figliuolo mio, tu me la perdonarai che non voglio che tu em'esca di casa. Non sa' tu quanti cattivi stanotte vanno attorno per taccie e altre cattività che si fanno apponto ch'io appetissi che tu mi fussi sviato in qualche dissoluzione? Esso pure volendo partire, ella disse: Lévatelo dall'animo, ch'io ti vuo' buono e non cattivo, e non voglio che tu ci esca; e in fine forza gli fu che rimanesse. E venuta l'ora d'andarsi a letto, essa aveva in una gran camera prima il suo letto, e sottovi una carniuola per Lisa e per una sua figliuola di tempo quasi conforme: e infine ella seppe dare modo, sotto colore d'onestade, mostrando temere che se in altro letto lui dormisse che nel suo, che lui per andar cattivoni fuora di casa non uscisse; e sì li seppe dire, che lui pur in quello letto e dal suo capezzale, com'ella li disse, si colcò; ed essendo gran freddo li dimostrò volergli il letto scaldare. Esso per costume non volse, ed ella l'ebbe carissimo, acciocché di riscaldarsi avesse bisogno, e collo scaldaletto il lato suo molto bene scaldò, poi colcatisi fe' vista aver dimenticato di spegnare il lume; e lagnandosi disse: Ohimè ch'io ho lassato il lume acceso che mai non posso dormire con esso, e malagevole mi sa d'uscire del luogo caldo per spegnarlo, che tornarei assiderata nel letto! E valse il dire, che subito Smeraldo del letto si gettò e corselo a spegnare. E tornato nel letto, avendo ella caro che lui avesse bisogno d'entrare nel luogo caldo, rappiattandolo disse: O figliuolo mio, se' bene assiderato. E non aspettando risposta, sul petto gli pose le mani, e trovandolo quasi tremante, disse: Uh, uh, cattivello, tu non ti scalderesti stanotte: accostati in qua che c'è caldo. Esso per temenzia e costume nol facea. Ella curiosa mostrandosi che si riscaldasse, lo prese a sé tirandolo dicendo: E' pare che tu ti ritema d'accostarmi. Or dimmi, ne' tuoi bisogni di cui hai da pigliare sigurtà più che di me? Or fa che mai più non t'intervenga. Accostati a me sicuramente. E quasi per forza a sé lo tirò, accostatoselo per modo che dal capo ai pie' si toccavano insieme: ed ella pure per buona cagione riscaldandolo, in braccio le teneva, e alle volte co
n una gamba coprendolo e quando con tutta la coscia, e quando quelle di lui colle sue incrocicchiava e 'l corpo quanto potea col suo accostava. A Smeraldo per tanti toccamenti a risentirsi tutte le membra cominciano, e lo schiavetto più che altro alzava le corna. Essa avvedutasene, la dritta mano, mostrando essere a caso, v'accostò, e toccando disse: Ah, ah eccoti il fanciullo da stare onestamente con donne, e basterebbe che tu fussi da Villaparente, Esso disse: Che cosa è Villaparente? Ed ella a lui disse: Nella parti di Rossia è una villa che si chiama Villaparente, ove ogni carnovale a contrade si raunano a far festa tutte le contrade, ognuna di per sé tutti gioveni e giovane a fare carnovale insieme ed a cresciare parentado fra loro, e tutti cenano insieme, poi con balli e canti e con istormenti far festa; poi finita la veglia hanno questa usanza per meglio insieme apparentarsi; ogni anno in tale notte quale è questa, venuta l'ora d'andarsi a posare, tutti gittano per dado, e chi più trae, o maschio o femmina che sia, piglia quella compagnia che gli pare. E ognuno bisogna che osservi la legge; e se tocca a uno gioveno e' piglia quella giovane che a lui piace, e con seco in casa ne la mena a cresciare il parentado; e simile se tocca a una giovane, ella sceglie quello gioveno che più le piace, e con seco a cresciare il parentado ne lo mena. E così tutti traggono per dado, e fanno il somigliante, sicché tutti giacciono questa notte insieme, e rinnovano ogni loro parentado; poi la mattina, cresciuti i loro parentadi, tutti allegri dimorano, e divenuti cattolici, alle prediche e altri divini offici con sollicitudine attendono; e chi in tale sera non si ritrovasse a questa festa come gli altri, si intende che con tutti i parenti suoi rotto sia il parentado; e questa sera hanno una scritta nella quale non si disdice cosa nissuna che altri faccia, e massime tra i parenti perché è consuetudine ed è discrezione che ogni gioveno e giovane faccia il lor carnovale. E però non mi maraviglio di trovarti sì in ponto a ciò adattato, perché i tuoi pari ciascuno desidera fare il suo carnovale. Io ti ritenni perché tu non fussi sviato o da garzoni o da qualche ribaldaccia: ma poiché così è, veduta la voglia tua, faremo ragione d'essere a Villaparente ed a cresciare il nostro parentado come fanno loro, con questo ch'io voglio che tu mi prometta di non andare al loco comune a quelle ribaldacde e trojaccie, né d'impaccianti di sodomia con garzoni, e voglio che tu sopra la mia persona mi prometta la fede di quelle due materie non impaccianti, poi di me fa ciò che tu vuoi, perocché in tale sera non si disdice correzioni ch'altri faccia. Esso cui lo schiavetto, e Smeraldo pur alquanto temesse, esso ardito si fece in forma che la foce di Rogomagno in breve tempo dallo schiavetto con piccola battaglia fu acquistata; poi più volte la notte, quando per cagione di lei, quando di lui, bisognò che 'l paese si riscorresse di nuovo, e poco la notte dormire vi si poté: poi la mattina la savia monna Gioiosa per provvedere a tempo, disse: Ormai, Smeraldo, tu hai il parentado nostro assai amorevolmente accresciuto, ma vuolsi sapere mantenerlo; e prima fa che delle cose ch'io t'ho vietate tu la promessa m'attenga, cioè di quelle soluzioni ch'io t'ho detto, e perché io so che i tuoi pari dalla libidine non si possono guardare, per tuo onore sono contenta che le peste sieno mie accioché tu ti conservi in onestà; e per essere sicura che tu mala via non pigli, io voglio che le notti tu torni qui in casa a cenare e dormire. Smeraldo, come savio, tutti gli ammaestramenti suoi massimamente piacendogli, accetta, e promette fare quanto ella gli dice: e così misero ad effetto con gran consolazione dell'uno e dell'altro ciò che composero circa a quattro mesi. Ed usando costui il più delle sere andare a cena e albergo con monna Gioiosa, accadde che due compagni, l'uno Alberto e l'altro Giuspieri si chiamavano, se ne cominciano avvedere, e ponendovi mente, avendovi uno sabbato sera veduto entrare Smeraldo, la mattina in posta a tempo che nel viddero uscire; e come avev
ano composto dero modo di riscontrarlo da casa di Giuspieri quando andava a udir messa: e riscontratolo, mostrandosi nuovi, lo invitarono a fare colazione per modo che bisognò ch'egli accettasse. Dopo la quale Giuspieri in casa si rimase e, Alberto rimase con Smeraldo; e verso la chiesa avviati, disse Alberto: I' ti so dire ch'io avevo bisogno di questa colazione, che so' dormito stanotte con una che ben sei volte ho cavalcato. Smeraldo ghignò, e siccome fanciullo vi fu colto, e disse: Io ti prometto che anch'io n'avevo bisogno, che questa notte quattro miglia, due a cavallo e due a pie', ho camminato. Alberto intesolo, partitosi da lui fu con Giuspieri, e contatoli il fatto, composti di godere questa torta ancor loro, e colto 'l tempo che Smeraldo era in villa e più dì v'era stato, Alberto ebbe una sera uno fanciullo e a monna Gioiosa il mandò, con dire: dice Smeraldo, che è tornato oggi di villa, se voi li volete dar cena. Ella lieta rispose: Va' di' che ello sia il ben venuto, ch'io l'ho molto caro. E subito ben provvide da cena. Alberto e Giuspieri, composto ciò che avevano da fare, la sera ad ora adattata in casa di monna Gioiosa ne vanno ove l'uscio era socchiuso, ed entrati salino, e trovato monna. Gioiosa che uno solcio faceva, ove Alberto con piatta voce disse: Buona sera, Ella, credendo che Smeraldo fusse, di tratta lassò stare ogni cosa e lui corse abbracciare, e con gran festa disse: Tu sie il ben venuto. E baciandolo, trovando ch'era barbuto e avvedutasi che Smeraldo non era subito con furia sel discosta, con dire: Chi sei tu che ti doveresti vergognare a venire in questa casa, che ti farò tagliare a pezzi? Lui disse: Madonna, è questo l'onore che voi mi fate? I' vi mandai a dire ch'io ero tornato di villa e se voi mi volevate dar cena. Voi rispondeste di sì e che n'avevate molto caro; e ora mi fate questa accolta? Ma comprendo: voi frantendeste dal mio nome al vostro idolo Smeraldo cui voi tanto amate, e che ogni notte viene con voi a dormire. E sappiate ch'io so ogni cosa, e sabbato notte, fu otto dì, dormì con voi, e so che cavalcò quattro miglia, due a pie' e due a cavallo. Ora se savia sarete vi giovarà, che tacerò lassandovi di lui avere ogni diletto senza stroppiare niente, con questo ch'io ne voglio una particella godere come lui, altramente sì come disperato guastarò voi e me a uno tratto. E siamo sufficienti qui io e Giuspieri (il quale allora si palesò ch'era d'accanto) vituperarvi del mondo, e saracci dato fede, che provaremo ogni cosa. E accennato Giuspieri che parlasse, assai più efficacemente parlò che Alberto non avea fatto. Di che insomma, dopo molte parole, la savia monna Gioiosa, per non essere vituperata e per non perdere tanto Smeraldesco tesoro, deliberò tacere e avere costoro per amici; e così gli accettò e ricevetteli a cena ed albergo, ove tutti tre si dero più e più notti buono tempo, dandole con discrezione agio quando alla terra era Smeraldo. E così dimorando, accadde che una invidiosa vicina, il cui nome era Raminga, di tutte queste cose s'avvidde, e per lo peggio poté a madonna Gentile l'accusò, siccome Smeraldo suo parente si teneva, e simile Alberto e Giuspieri. E madonna Gentile ch'era fonte d'onestade, forte questo le dispiacque, e subito per monna Gioiosa mandò, e fattole uno mal viso le disse: Tu mi se' da più cose stata inquisita: e come uno fanciullo tuo parente ti tieni, e simile due altri gioveni. Or dimmi la verità. E in modo la minacciò se la verità non le dicesse e confessasse, che monna Gioiosa infine tutta la verità di ponto le disse, e i modi che tenne per averlo perché innamorata era di lui; e tutti i modi tenuti per Alberto e Giuspieri, e come per non essere vituperata, e per non perdare Smeraldo gli accettò a cena e albergo. Madonna Gentile, per essere ben chiara, per Smeraldo mandò; a cui messo paura, esso in fine ogni cosa le contò, riscontrandosi con monna Gioiosa d'ogni cosa. Poi esaminò Alberto e Giuspieri, i quali insomma di ponto ogni cosa confessano. Di che saputo madonna Gentile la verità da ciascuno, tutti e quattro li fece venire, e simile la invidi
osa monna Raminga, a cui disse: Se non ch'io riguardo all'onore di costoro, io vi farei scopare per tutta Firenze, che avete 'infamato quattro persone; e io ho provato che per la gola d'ogni cosa mentite. Or levatemivi dinanzi; e s'io sento che mai voi ne facciate parola, ardere vi farò. E per modo le disse, che la Raminga impaurita mille anni le parve levarsele dinanzi; e mai più non ne fece parola. Poi Madonna fe' chiamare monna Gioiosa e Smeraldo insieme, e disse: A voi, monna Gioiosa, poi che amore vi tirò a fare quel che faceste, lui e non voi ne fu cagione, e però ho voi per iscusata. E tu, Smeraldo, essendoti condutto a sì stremi partiti, ch'i' non so quale onesto e temperato uomo, non che tu garzonetto, se ne fusse tenuto, e però perdonato ti sia ogni cosa. E all'orecchie a monna Gioiosa accostatasi disse: Egli è si fatto ch'io temo ch'una persona ch'io so, non avesse fatto anco peggio di voi. E capeando e ghignando finì le parole, le quali furo bene intese. Poi a Giuspieri e Alberto disse: Faceste voi questo per dispiacere a Smeraldo o a monna Gioiosa? Essi risposero di no: ma per fare piacere a noi e a monna Gioiosa. Allora madonna Gentile disse: Poi,che così è, ed essendo voi gioveni, per discrezione vi perdono. E comandato a tutti il segreto, loro dè bona licenzia. E a Smeraldo disse: Siati raccomandata monna Gioiosa; e a lei similemente lui raccomandò; e a tutti quattro spressamente il segreto di nuovo comandò, e che per l'avvenire con senno si portassero. Ora d'addomanda se con discrezione et iustizia tale sentenzia da Madonna fu data o non.
|