(Da Le Novelle, XXXVII)
FACEZIE DEL PIO VANO ARLOTTO
IL PIOVANO E LE TINCHE DEL SENESE
Il Piovano ruba a Siena quattro belle e grosse tinche a uno stupido ciarlone cacciandosele destramente nella manica.
T
ORNANDO il Piovano Arlotto da Roma fu convitato da un prete suo amico a starsi con lui quattro dì, e accettato, la mattina seguente, che era sabato, vanno insieme in Camollia luogo dove si vende la carne per comperarne per la domenica.
Trovano un sanese più gagliardo di parole che di fatti, il quale mercatava un pezzo di vitella con assai ciance in modo che era già venuto a noia al beccajo.
Aveva il detto sanese posato in su una panchetta di fuori, al lato al desco, un mazzo di quattro grosse e belle tinche.
Vede il Piovano come sono male guardate e che quella cicala contende col beccajo, piglia le tinche senza esser veduto da persona e mettesele nella manica e discostatosi da quel desco, il prete attendeva ancora a comperare la carne per far godere il Piovano la domenica mattina.
Mercato che ha il sanese cicalatore col beccajo se ne vole andare con le tinche che ha posate sulla panchetta, ma non le trova, comincia a far romore col beccajo e dice:
- Tangoccio u' son le quattro mie tinche? Le posai pur da me qui su questo banchetto. Non mi intendi? Eranvi pur ora.
Risponde il beccajo:
- Io non so quello che tu ti ciarli e non te ne so dir chi l'ha per la fede di Giesù, né io l'ho vedute.
Il prete ancora dice non saper chi l'abbia, non sapendo che il Piovano le avesse tolte e messele nella manica.
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