NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     (Facezia XV)



     IL PIOVANO ALL'OSTERIA DI PONTASSIEVE
     Giunto una sera il Piovano fradicio fino all'ossa, all'osteria di Pontassieve trova il focolare ingombro da una masnada di villani oziosi, che gl'impediscono d'avvicinarsi al fuoco per riscaldarsi. Arlotto, serio serio spiffera una bella bugia per la quale gl'ingordi contadini sgattaiolano adagio adagio e lascian libero l'intirizzito piovano di asciugarsi a tutto suo bene placito.

     T
     ORNANDO il Piovano Arlotto di Casentino, giunse a un'osteria, al Ponte a Sieve una domenica sera tutto molle, stracco e pieno di freddo e di fango perché tutto quel giorno non finì di piovere e così tutta la notte seguente.
     Smontato da cavallo vassene a un gran fuoco che gli aveva fatto l'oste; dov'erano forse trenta contadini, perché in vero oltre al piovere era freddo, e sempre il dì e la sera delle feste è loro usanza di fare ridotto all'osteria a bere, a giocare, e dire di quelle novellacce e bugie.

     Stavano quella sera fitti a quel fuoco intorno e quasi al Piovano addosso in modo che il pover'uomo non si poteva né rasciugare, né riscaldare, né ancora a mala pena rivolgersi, né giovava il dire dell'oste, né il suo, che que' contadini non si volevano partire.
     Indignato il Piovano immaginò in che modo potesse levare i villani dal fuoco.
     Cominciò a stare maninchonoso ed afflitto, non si rallegrava, non parlava, non motteggiava.
     Di questo forte meravigliandosi l'oste che conosceva che il Piovano sempre soleva stare lieto e giocondo, e che quella sera appena non parlava, disse:


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