(Da Il Novellino, XVII)
LA PESTE DELL' IMPICCATO
Dui cavoti vanno a Napoli; l'una resta stracco a la Torre, e l'altro gionge a tardi Ponte Riziardo e ivi se giace; un altro, amalfitano, passa da quindi la notte; ha pagura degli appiccati; chiama l'appiccato; il cavoto se crede il compagno e corregli appresso; colui crede che sia l'appiccato; fugge; quello il segue; getta il sacco; il cavoto il piglia, scontrase col compagno e ritornansi a casa.
L
A Cava, citate multe antiqua fidelissima, e novamente in parte devenuta nobile, come è già noto, fu sempre abundantemente fornita dei singulari maestri moraturi e tesseturi, de la cui arte o vero mistiero loro n'era si bene avvenuto, che in denari contanti e altri beni mobili e immobili era in manera arriccati, che per tutto 'l nostro regno non si ragionava d'altra ricchezza che de quella de' cavoti. De che se gli figlioli avessero seguiti gli vestigii de' patri loro, e andati dietro l'orme de' loro antiqui avuli, non serebbono redutti in quella povertà estrema e fore de misura, ne la quale al presente già sono. Ma fuorsi loro dispregiando le ricchezze acquistate in tal fatichevole mistiero, e quelle come a beni de la fortuna e transitorii avendo a nulla, seguendo la virtù e nobilità come cose incommutabile e perpetue, universalmente si sono dati a deventareno legisti e medici e notari, e altri armigeri, e quali cavalieri, per modo tale che non vi è casa niuna, che, dove prima altro che artegliaria da tessere e da morare non vi se trovava, adesso, per scambio de quelle, staffe, speroni e centure indorate in ogne lato vi se vedono il che de le doe sopraditte vie quale avessero devuto fuggire o seguire, lo basso non solo a te, ma a coloro che, non avendo altre faccende, leggendo la presente novella ne possano iusta sentenzia donare. E io, seguendo la isteria, dico che nel tempo che 'l famoso maestro Onofrio de Iordano avea pigliata la impresa del mirabile edificio del Castello Nuovo, la maior parte de' maestri e manipuli de la Cava se conducevano a Napoli, per lavorare a la ditta opera; ove tra gli altri fuorno dui giovini del casale de Priato, quali, non meno disiderosi de vedere Napoli, ché ancor stati non vi erano, che per vaghezza de guadagno, una domenica matina dietro ad un maestro se avviarno. E camminando con multi altri cavoti a la sfilazzata, avvenne che costoro, che de caminare non erano usi, remasero una gran via dietro, e per la pista degli altri, ancora che non sapessero il camino, tanto si affaticorno, che quasi a tardi gionsero a la Torre del Greco. E uno de loro, che era assai più de l'altro stracco, prepose ivi albergare; l'altro, dandose core, e credendosi forsi giongere i compagni, affrettando il passo quanto possea, non ebbe tanto potere, che tra 'l mezzo camino fra la Torre e Napoli non gli sopragiongesse scura notte. De che lui, molto pentito d'avere il compagno lassato, pur trottando, senza sapere ove si fusse, gionse al Dritto de Ponte Riziardo; del quale vedendo le mare e la porta, se crese albergo, e vinto da stracchezza, e anco per fuggire una menata pioggia che facea in quella ora, se accostò al detto uscio, e avendo con un sasso pur assai picchiato, e niuno respondendoli, convertito il bisogno in pazienzia, sentatosi in terra e appoggiata la testa a la porta, con deliberazione infine al matino ivi aspettare il compagno, con debole sonno se adormentò. Era per aventura quel medesmo dì partito da Amalfi un poveretto sarto, con uno sacco in spalla de giopponi, per venderli la seguente matina a Napoli in sul mercato; al quale similmente la notte e la stracchezza io avea a la Torre sopragionto, e ivi albergato, con proposito de la matina a bona ora retrovarse a luoco e a tempo de spacciare sua povera mercanzia. Ed essendo poco più che passata mezza notte, se destò, e ingannato da la luna, credendosi esser vicino al dì, intrò in camino; e caminando tuttavia e non vedendo farsi giorno, cominciò ad intrare a l'arena passati gli Orti, e ivi essendo, sentì sonare matutino de' frati, per la quale cagione s'accorse anco esservi gran parte de notte. E in questo se venne recordando degli appiccati, che erano a Ponte Riziardo, e, come colui che amalfitano era, che de natura sono timidi e de poco core, cominciò a temere forte, e, con lento passo, caminando, non ardeva de passare, e de volgersi indietro avea gran paura; e così abbagliato e pauroso, che ad ogne passo gli pare che uno degli appiccati gli se facesse intorno, gionto appresso al sospetto luoco, ed essendo de rimpetto a
le forche, e anco non veduto niuno appiccato moverse, gli parve aver già una gran parte del pericolo passata; e per dare pur a se medesmo animo, disse: - O appiccato, voi venire a Napoli? - Il cavoto, che avea male e poco dormito, avendo sentito prima la pista e credutose il compagno, e poi udendosi invitare a lo andare a Napoli, lo ebbe per certissimo, e subite respuose: - Eccome che vengo! - Quando l'amalfitano si sentì respondere, tenne per fermo che fusse l'appiccato; per la cui cagione fu de tanta paura territo, che portò pericolo de lì cascar morto. Pur, in sé tornando, e vedendo colui verso de sé venire, non gli parve tempo d'aspettare, e bottato via il sacco, cominciò fieramente a fuggire verso la Maddalena, sempre con alte voci.gridando Iesù. Il cavoto, udendo il gridare e lo sì rattamente correre, credea che da alcun altro fusse stato assalito; e seguendolo appresso, pur gridando, dicea: - Eccome a te, aspettame, non dubitare! - ; quali parole davano al fuggente de maior timore cagione. Il cavoto puro seguendolo, se trovò dinanzi il sacco da colui gittato; e quello preso, ed estimandolo de miglior roba pieno, e sappiendo che 'l compagno non avea tale sacco, cognobbe colui che fuggea non esser desse; e non curandose più altre, col fatto guadagno se ne ritornò dove la notte con non piccolo disagio era dimorato, e quivi sentatosi, aspettava in sul fare del giorno o dal compagno o da altri essere a Napoli condutto. Lo amalfitano, con spaventevoli gridi e sollazzi assai, gionse a le taberne del Ponte, al quale fattisi incontro gli gabellotti, il domandarno de la cagione del suo gridare; a' quali lui affermava del certo avere visto un appiccato moverse da le forche e dargli la caccia infine a l'orlo del fiume. Il che da tutti fu facilmente creduto, e, non meno de lui impauriti, il racolsero dentro, e serrate le porte, e signatisi de croce, infine a dì chiaro non uscerono di casa. Il compagno cavoto, che rimasto era a la Torre insiemi con un altro pur de la Cava, essendo ormai dì, arrivarno al Dritto de Ponte Riziardo; a' ragionamenti de' quali furono dal compagno cognosciuti, e fattosi loro incontro, racontò il suo avvenimento. De che l'altro, che prattico al paese era, subito estimò come il fatto possea essere intravenuto, e per non perdere la preda del sacco, deliberare per la via de Somma ritornarsene a casa; e così fecero; e diviso tra loro il bottino, non dopo multe a Napoli si ritornarno. La novella in pochi dì fu per tutto 'l paese divulgata, e de vero se racontava che gli appiccati de notte davano la caccia agli omini che soli passavano per Ponte Riziardo, ognuno sopra di ciò componendo varie e diverse favole; per accagione de le quali, non v'era paesane alcuno, che per quello loco avanti dì passasse, che non signasse la bestia e lui con croci, e (con) altri assai percanti passavano il piriglioso passo.
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