NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


Pagina 683
1-40- 80-120- 160-200- 240-280- 320-360- 400-440- 480-520- 560-600- 640-680- 720-745

[Indice]

     La conclusione del sonno fu ch'io mi trovai in un mercato, pareva a me, dove gli stornelli, le gazzuole, i corbi e i pappagalli imitavano l'oche de la vigilia di Ognisanti. A gli uccelli ch'io dico erano pedagoghi alcuni togati, barbati e disperati, non per altro che per avere a insegnargli a favellar per punti di luna. Oh che spasso che avereste preso d'una ghiandaia, che specificava "unquanco", "uopo", "scaltro", "snello", "sovente", "quinci e quindi" e "restio"! Avreste smascellato, gustando Apollo, che, tutto avampato da la còlera, avea fatto alzare a cavallo un goffo, che non poté mai far dire a un lusignuolo "gnaffe!"; onde gli ruppe il fondo de la cetera in sul forame, e la Fama i manichi de le trombe. Io so che intendete la cagione de la lor penitenzia. Perciò non acade a dirvi se non che in capo de le fui mi fu recata inanzi una cesta di corone per laurearmi. Onde dissi loro: - S'io avessi la testa di alifante, non mi bastarìa il core a portarle. - Come no? - mi dice l'amico. - Questa di ruta ti si dona per gli acuti dialoghi puttaneschi; questa d'ortica per i pungenti sonetti preteschi; questa di mille divise per le piacevoli comedie; questa di spine per i cristiani libri; questa di cipresso per l'immortalità data dai tuoi scritti ai nomi; questa di oliva per la pace acquistata coi principi; questa di lauro per le stanze militanti e per le amorose; quest'altra di quercia si dedica a la bestialità di quel tuo animo, c'ha debellata l'avarizia. - E io a lui: - Ecco che le accetto e ve le ridòno; perché, se domani fussi visto con tante frasche in capo, sarei canonizzato per pazzo. Il laurear dei poeti e lo spronar dei cavalieri han giocata la riputazione a la bassetta. Sì che datimi più tosto un previlegio, per vigore del quale io possa vendere o impegnare la vertù che m'hanno squinternata adosso i cieli, perché non solo n'averò qualche danaio, e non pur uscirò di briga con la fatica, ma non sentirò per le librarie rompermi il cervel del nome dai puntigli dei pedanti. Riserbandomi perciò tanto ingegno, che vi sappia scusare circa il vostro essere stallone di queste dame, - voleva dir io. Ma il romore, che si levò, bontà di monna Talia, che, per farci ridere, aveva impaniate de sì fatta sorte l'ali de la Fama, che parea un tondo nel visco, mi destò.


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]