NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Il quale era uomo di trentasei in quarant'anni, di grande e di ben fatta persona, di colore ulivigno, nel viso burbero e di fiera guardatura, con barba nera arruffata e lunga quasi insino al petto, ghiribizzoso molto e fantastico. Aveva dato opera all'alchimia; era ito dietro e andava tuttavia alla baia degli incanti; aveva sigilli, caratteri, flattiere, pentacoli, campane, bocce, e fornelli di varie sorte da stillare erbe, terra, metalli, pietre e legni: aveva ancora carta non nata, occhi di lupo cerviero, bava di cane arrabbiato, spine di pesce colombo, ossa di morti, capestri d'impiccati, pugnali e spade che avevano ammazzato uomini, la clavicola et il coltello di Salomone, et erba e semi colti a vari tempi della luna e sotto varie costellazioni, e mille altre favole e chiacchiere da far paura alli sciocchi. Attendeva all'astrologia, alla fisonomia, alla chiromanzia, a cento altre baiacce: credeva molto alle streghe, ma sopratutto agli spiriti andava dietro; e contuttociò non aveva mai potuto vedere né fare cosa che trapassasse l'ordine della natura, benché mille scerpelloni e novellacce intorno a ciò raccontasse, e di farle credere s'ingegnasse alle persone: e non avendone né padre né madre, et assai benestante sendo, gli conveniva stare il più del tempo solo in casa, non trovando per la paura né serva né famiglio che volesse star seco; e di questo infra sé maravigliosamente godea: e praticando poco, andando a caso e con la barba avviluppata senza mai pettinarsi, sudicio sempre e sporco, era tenuto dalla plebe un gran filosofo e negromante. Lo Scheggia e il Pilucca erano suoi amicissimi, e sapevano a due once quanto egli pesava, e a quanti dì era San Biagio; sicché trovatolo, gli narrarono la convegna fatta con Gian Simone, e dei venticinque ducati che dar dovea innanzi, con questo che vedere volea qualche segno, da potersi assicurare che la cosa fusse per riuscire, e gli dissero nella fine tutto quello ch'egli erano restati seco. Zoroastro nondimeno era astutissimo; e molti modi prima per farli vedere il segno, e dopo circa all'amor di colui trovati, et eglino ancora infiniti dettine, rimasero d'accordo, e, determinarono quello che far dovevano; e la domenica sera, disse loro Zoroastro, che gli aspetterebbe quivi in casa del tutto provveduto; e coloro, partitisi allegrissimi, perché parecchi giorni e settimane avrebbero da spendere alla barba di Gian Simone, attesero, fino al termine dato, alli loro spassi et altri badalucchi. Gian Simone, veggendo ogni mattina la sua vedovaccia grassa e fresca, si consumava e si struggeva come la neve al sole, mille anni parendoli di tirarsela addosso, dicendo spesso fra sé: - Ahi traditoraccia, cagna paterina, tu non mi hai guardato diritto ancora una volta sola, poscia che io di te m'innamorai; ma egli verrà il tempo che io te la farò piangere a cald'occhi! lascia pur fare a me: se io ti metto il branchino addosso, per lo corpo di Anticristo, che tu mel saprai dire. - E veggendo spesso ora lo Scheggia et ora il Pilucca, non restava di raccomandarsi, e di ricordare loro i fatti suoi.


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