NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Venne finalmente la domenica, e Gian Simone non ebbe così tosto desinato, che egli se n'andò in Santa Maria Novella, e udivvi il Vespro, la Completa e le Laudi; sicché uscendo, in su la porta appunto incontrò i due compagni, sendo già vicino a sonare l'Avemmaria. Data la buona sera, disse: - Io cominciava a dubitare; voi siete venuti sì tardi! - Non è tardi, no - rispose il Pilucca - noi restammo d'andare in su la mezz 'ora. - Così, dato un po' di volta, si condussero appunto a casa colui, che l'aria cominciava a imbrunire; e picchiato due volte, fu tirato loro la corda; e fattosi Zoroastro in capo di scala, con un candelliere in mano, fece loro lume, et essi, montata la scala et in sala campariti, furono da lui con lieto viso ricevuti; e postisi a sedere, favellando, entrarono in diversi ragionamenti, tutti di diavoli e di spiriti. Finalmente il Pilucca, rivolte le parole a Zoroastro, disse: - Costui è quell'uomo da bene innamorato, di cui vi ho parlato; et è venuto per veder segno della vostra arte, e di poi fare quel che noi vorremo. - Rivolse allora Zoroastro gli occhi spaventati in verso Gian Simone, e con una guardatura sì fiera, che tutto lo fece riscuotere; e gli disse: - Sia col buon anno, io sono apparecchiato a far ciò che vuole, per amor vostro, e non so se altri fuori che voi mi conducesse a far questo; ma voi siete tanto miei amici, che io non posso né debbo in cosa niuna, che pur far si possa, mancarvi. E lasciatili in sala, dicendo che tornerebbe allora allora, se n'andò in una camera, e vestissi un camice bianchissimo e lungo per infino a terra, e si cinse nel mezzo con un cordone rosso: in testa si mise un elmo circondato da una ghirlanda di serpi contraffatte, ma con tanto artifizio che parevano vive, e nella man sinistra prese un vaso di marmo, e con la destra una spugna legata a uno stinco di morto; e così divisato, se ne venne in sala: alla cui giunta quanto coloro ebbero allegrezza e gioire, tanto ebbe paura e doglia Gian Simone, et anzi che no si pentiva di esservi venuto. Zoroastro, posto in terra la spugna et il vaso, disse loro che non dubitassero di cosa che udissero e vedessero, e che non ricordassero mai né Dio né Santi; poscia cavatosi un librettino di seno, finse, borbottando pian piano, di leggere cose alte e profonde; e inginocchiato, talora baciando la terra, e guardando alcune volte il cielo, per un quarto d'ora fece i più strani giuochi del mondo; e dipoi fornito, aperse il vaso, che era pieno di verzino, e tuffovvi dentro la spugna, dicendo un po' fortetto: - Con questo sangue di dragone faccio il cerchio di Plutone. - E fece un gran giro, di modo che teneva due terzi della sala, et inginocchiatosi dentro nel mezzo, e baciato tre volte terra, disse a loro che chiedessero che segno volevano. Allora il Pilucca, rivoltosi a Gian Simone, che tremava come foglia, li domandò che segno gli piaceva più d'altro vedere. Gian Simone disse, allo Scheggia rivoltosi, che guardasse un poco egli e il Pilucca. Perloché trovati avendone parecchi, niuno piacendogliene, per lo essere, quale di poco momento, quale di troppo, quel pericoloso, questo contro la Fede, non si sapeva risolvere: quando Zoroastro quasi ridendo disse: - Io ho pensato farvi vedere una cosa piacevole e da ridere, nondimeno di non poco valore; e questo è che io veggo il Monaco amico di tutti noi, che appunto è in sul canto di Mercato Vecchio, et è ancora in pianelle et in mantello e in cappuccio: io voglio per forza e virtù dell'arte mia farlo incontinente venir qui dentro in questo cerchio; - il che dallo Scheggia e dal Pilucca lodato, piacque molto a Gian Simone; e disse che lo aveva troppo caro, perché appunto egli era suo compare. Era questo Monaco sensale scritto all'arte della seta, ma attendeva a più cose: egli faceva parentadi, egli appigionava case, dava a maschio e femmina, e avrebbe anco a un bisogno fatto qualche scrocchietto: persona d'allegra vita, ballatore, cantatore, e bonissimo sonator d'arpe, un omaccino vi so dire da bosco e da riviera, amico grandissimo, come ho detto, di Zoroastro, dello Scheggia e del Pilucca; dai quali avendo inteso il tutto intorno ai casi di Gian Simone, e d'accordo con esso loro, se n'era la sera venuto quivi in casa Zoroastro, divisato come avete inteso, e più con due cesti di lattuga infilati e un mazzo di radici; e mentre che coloro picchiando erano entrati dentro, s'era messo ritto in sulla sponda di fuori della finestra da via: e benché vi stesse con gran disagio, pure stava in modo, che cader non poteva; e Zoroastro acconcia aveva la finestra, e messo la nottola in maniera, che pareva che ella fosse, ma non era serrata, e per ogni poco di sospinta si sarebbe aperta. Il Monaco adunque in cotal guisa stando, per un bucolino fatto a posta vedeva e udiva ciò che in sala si faceva e diceva, aspettando il termine dato con allegrezza grandissima. Laonde Zoroastro riprese le parole, e disse: - Ora è tempo che io vi chiarisca. - E soggiunse: - Il nostro Monaco si è accostato a un insalataio: to' egli gli domanda per comprare. - E stato un poco, disse: - Egli ha tolto due cesti di lattuga e un mazzo di radici: oh, oh, ecco che colui gliene infila: ora gli cambia un grosso per dargli l'avanzo, perciocché l'insalata e le radici montano sei danari. - Così detto, si stese in terra bocconi, e disse non so che parole; e rittosi in piede, e fatto due tomboli, si arrecò da un canto del cerchio inginocchioni, e guardando fisso nel vaso come fatto aveva disse: - il Monaco nostro ha già riavuto il resto, e vassene con l'insalata verso Pellicceria, per andarsene a casa; ma in questo istante io l'ho fatto invisibilmente alzare ai diavoli da terra: oh, eccolo che egli è già sopra il Vescovado! oh! egli vien bene! egli è sopra la Piazza di Madonna: oh! ora gli è sopra la vecchia di Santa Maria Novella, testé entra in Gualfonda: oh, eccolo a mezza la strada: oh, egli è già presso a men di cinquanta braccia: oh, eccolo qui rasente alla finestra! or ora sarà nel cerchio - ; e quest'ultima parola fornita, il Monaco che stava alla posta, data una spinta alla finestra, quasi volando saltò nel mezzo del cerchio, in pianelle, in mantello, in cappuccio, e con l'insalata e con le radici in mano. E subito messo un grandissimo strido, cominciò ad urlare quanto gliene usciva dalla gola. A Gian Simone, ciò veggendo, venne in un tratto tanta maraviglia e paura, che egli fu vicino a cader morto; e voleva pur favellare, ma non poteva riaver la parola, e per la grandissima paura et inusitata se gli mosse il corpo, di modo che tutte s'empié le calze. Lo Scheggia gli diceva pure: - Che ne dite, Gian Simone, non è questo segno chiarissimo che egli può con le demonia ciò che egli vuole? - Il Monaco gridava ad alta voce: - Ahi traditori; che cosa è questa? fassi così con gli uomini da bene? - E il Pilucca attendeva a confortarlo ma lo Scheggia e Zoroastro, intorno a Gian Simone stando, e veggendolo non parlare e nel viso venuto color di cenere, dubitavano forte di lui, e lo presero sotto le braccia, ché gli era a sedere, e cominciarono a passeggiar per la sala. Ma egli, riavuto alquanto lo spirito e la parola, cominciò tremando a dire: - Andianne, andianne, che mi par mille anni d'essere a casa - ; e batteva di sorte, tremando, i denti, che più settimane poi se ne sentì; onde lo Scheggia presolo per la mano, senza dire altro s'avviò alla volta della scala; ma non fu andato due passi, che s'avvide, colando Gian Simone tuttavia, che egli doveva aver piene le calze; perloché rivoltosi, disse: - Gian Simone, io dirò che voi vi siete cacato sotto. - Egli lo vedrebbe Cimabue - rispose il Pilucca - che nacque cieco: non senti tu come ei pute? - A cui disse Gian Simone: - Io mi meraviglio di non avere cacato l'anima, non vo' dire il cuore: ohimé! io sono stato per spiritare. - Però fa buono che voi vi andiate a mutare - riprese Zoroastro - acciocché colando voi non mi ammorbaste questa casa; e poi a bell'agio ci rivedremo. - Così lo Scheggia se n'andò seco, lasciando il Monaco che tuttavia si rammaricava, e il Pilucca intornogli fingendo di rappacificarlo; e lo lasciò a casa, che non aveva voluto rispondergli a proposito, anz i per tutta la via non aveva fatto altro che guaire e sospirare; e finalmente lo Scheggia, picchiatogli l'uscio e dentro serratolo, se ne tornò in casa Zoroastro ai compagni, i quali tutta sera risono, e cenato quivi ridendo, se ne tornarono ognuno a casa sua.


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