Opere di letteratura italiana e straniera |
Per la qual cosa, andatolo a vedere un giorno lo Scheggia, che per ancora non era uscito di casa, parendogli strano di perdere i venticinque ducati, ragionando cadde sopra il suo amore, e gli disse così: - O Gian Simone, ora che siete guarito per grazia di Dio, et il segno veduto avete, di maniera che agevolmente potete credere Zoroastro essere per dovervi servire, altro non manca ora che i denari, e darassi finimento all'opera; e quando vi piace, potrete tener nuda nelle braccia la vostra vedovotta, che alle sante guagnéle è un fonfone da darvi dentro per non diviso et alla spensierata. - A cui Gian Simone, dimenando la testa rispose: - Sozio, io ti ringrazio, e il negromante ancora; e per dirti brevemente, io non mi voglio impacciare né con diavoli né con spiriti. Ohimé! io tremo ancora, quando io mi ricordo del Monaco, che comparì quivi portato per l'aria mezzo morto, e non si vide da chi: io ti giuro sopra la fede mia, che mi è uscito intra fine fatta tutto l'amor di corpo, e della vedova non mi curo più niente; anzi, come io vi penso, mi viene a stomaco, considerando che ella è stata cagione quasi della mia morte. O che vecchia paura ebbi io per un tratto! e' mi si arricciano i capelli quando vi ci penso, sicché pertanto licenzia e ringrazia Zoroastro. - Lo Scheggia, udite le colui parole, diventò piccin piccino; e gli parve aver pisciato nel vaglio; fra sé dicendo: - Vedi che ella non anderà così a vanga, come avevamo pensato. - E parendoli rimanere scornato, così gli rispose dicendo: - Ohimé! Gian Simone, che è quello che voi mi dite? guardate che il negromante non si crucci; che diavol di pensiero è il vostro? voi andate cercando Maria per Ravenna: io dubito fortemente che, come Zoroastro intenda questo di voi, che egli non si adiri tenendosi uccellato, e che poi non vi faccia qualche strano giuoco: bella cosa, e da uomini da bene, mancar di parola! che bisognava farli fare il segno, se voi avevate in animo di non seguitare avanti? tanto è, Gian Simone, egli non è da correrla così a furia: se egli vi fa diventare qualche animalaccio, voi avete fatto poi una bella faccenda. - Colui era per la paura diventato nel viso come un panno lavato, e rispondendo allo Scheggia, disse: - Per lo sangue di tutti i martiri, che fo giuro d'assassino, che domattina la prima cosa io me ne voglio andare agli Otto, e contare il caso, e poi farmi bello e sodare: non so chi mi tenga che io non vada ora. - Tostoché lo Scheggia sentì ricordare gli Otto, diventò nel viso di sei colori, e fra sé disse: - Qui non è tempo da battere in camicia: faccian che il Diavolo non vada a processione. - Et a colui rivolto, dolcemente prese a favellare, e disse: - Voi ora, Gian Simone, entrate bene nell'infinito, e non vorrei per mille fiorini d'oro in benefizio vostro, che Zoroastro sapesse quel che voi avete detto. Oh, non sapete voi che l'Uffizio degli Otto ha potere sopra gli uomini e non sopra i demoni? egli ha mille modi di farvi, quando voglia gliene venisse, capitar male, che non si saperebbe mai: io ho pensato, perché egli è gentile, cortese e liberale, che voi gli facciate un presente di non troppa spesa, quattro paia di capponi, otto di piccion grossi, dieci fiaschi di qualche buon vino che vendino i Giugni o i Macinghi, sei raveggiuoli e sessanta pere spine, e per due zanaiuoli gliene mandiate a donare. Egli averà più caro et amerà più questa vostra amorevolezza e liberalità, che cento ducati; e vedrete che egli manderà a ringraziarvi, e così verrete a mantenervelo amico; e se voi fate altrimenti, voi pescate per il proconsolo e daretevi della scure sul piè. - Piacque la cosa molto a Gian Simone, e disse: - Io voglio che tu sia quello che gliene presenti per mia parte e mi scusi, ché sai il tutto, e ringraziandolo senza fine me li raccomandi. - Io sono contento, rispose lo Scheggia, e so certo che io farò rimanere soddisfatto, e vostro amico. - Soddisfatto, io ho ben caro che rimanga, soggiunse Gian Simone, ma della sua amicizia non mi curo io punto - ; e fatto il conto quanti danari montava la roba che lo Scheg
gia aveva divisato, gli dette colui la moneta. Per la qual cosa lo Scheggia, andotosene in Mercato Vecchio, prese due zanaiuoli pratichi: uno ne mandò a comprare il vino, e l'altro caricò al pollaiuolo, che ebbe i capponi grassi e belli, e così i piccioni; e tostoché il zanaiuolo fu tornato col vino, comperate le frutte, fece la via da casa Gian Simone; e chiamatolo gliene fece dare un'occhiata così alla finestra; e disse: - Io me ne vo colà. - Va, disse Gian Simone, che Dio voglia che tu facci buona opera. - Partissi dunque lo Scheggia, e coi zanaiuoli dietro se n'andò a casa Zoroastro, a cui narrò ridendo tutti i ragionamenti di Gian Simone: della qual cosa allegrissimo Zoroastro aveva fatto posare e scaricare i zanaiuoli, fece dar ordine di pelare e apparecchiare per la sera, e non si volle altrimenti partire di casa per stare d'intorno ai zanaiuoli, acciocché il pasto andasse di nicchera.
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