NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Era allora di settembre, e così buio, per buona sorte, come in gola: di là da mezzo il Ponte alla Carraia in su le prime pile erano venuti i due compagni per ordine già stabilito e fermato di Zoroastro e dello Scheggia, come avete inteso; i quali avevan una mezza picca per uno, in cima della qual picca vi era un poco di legno a traverso, che veniva a far croce, alla quale due lenzuoli lunghissimi e bianchissimi con certa increspatura stavano accomodati. E in su la vetta della croce vi era una mascheraccia contraffatta, la più spaventosa cosa del mondo, la quale in scambio d'occhi aveva due lucerne di fuoco lavorato, e una per la bocca, che andevano tutte, e gettavano una fiamma verdiccia molto orribile a vedersi; e mostrava certi dentacci radi e lunghi, con un naso schiacciato, mento aguzzo, e con una capellieraccia nera et arruffata, che averebbe messo paura, non che a Caio e al Bevilacqua, ma a Rodomonte et al conte Orlando; e in su quelle pile vuote che riescono in Arno rasente le sponde, l'uno di qua e l'altro di là stavano così divisati in agguato et alla posta: e questi animalacci in tal guisa fatti erano allora chiamati da loro "cuccubeoni". Guasparri, avendo il pensiero a quelli indiavolamenti e stregherie, ne veniva adagio e sospettoso, tantoché alla fine arrivò alla coscia del Ponte; il quale tosto che lo Scheggia vide comparito, fece cenno con un fischio sordo, dimanierachè coloro appoco appoco rizzato quel bastone gli entrarono sotto, alzandolo soavemente. Quando su per lo Ponte camminando, a Guasparri, volgendo gli occhi, venne veduto quella cosa contraffatta e spaventosa alzare pian piano, fu da tanta e così fatta paura sopraggiunto, che tutte le forze li mancarono a un tratto, salvo che egli gridò fortemente: - Cristo, aiutami; - e rimase quasi immobile. E nell'ultimo erano cresciuti quanto mai potevano, e di qua l'uno e di là l'altro mettevano il ponte in mezzo, di sorte che a Guasparri pareva che uscissero d'Arno, e giudicavagli maggiori dei campanili; e così stordito e pauroso fuor d'ogni guisa umana, si credeva senza fallo avere innanzi agli occhi il trentamila para di diavoli; e parendoli che appoco appoco se gli avvicinassero, temendo non essere da loro inghiottito, gridando un'altra volta - Cristo, aiutami, - si messe a fuggire per la via che egli fatta aveva, né mai si volse indietro fino a tanto che egli non fu arrivato a casa del Pilucca, dove picchiando a più potere, fece tanto che coloro, stimatosi quello che era, gli apersero, aspettandolo a gloria: ai quali giunto, per la paura e per la furia del correre, non poteva raccor l'alito né esprimer parola; e si lasciò ire ansando su una panca, che non poteva più. Lo Scheggia, ogni cosa avendo veduto, fuggito Guasparri, pien di allegrezza corse ai compagni, e di fatto li mandò a casa Meino, per fornire il rimanente dell'opera, e dare compimento alla beffa; et egli di buon passo se ne venne a casa il Pilucca, dove Guasparri, riavuto il fato e rassicurato un poco, era nella loggia andatosene a raccontare a coloro le maraviglie, e diceva le più strane e pazze cose che si udissero mai. E coloro, facendosene beffe et uccellandolo, lo facevano disperare; quando lo Scheggia, fingendo d'uscire d'una di quelle camere da far suo agio, anche egli, ascoltando Guasparri, se ne rideva; di modo che, volesse il Cielo o no, tutti affermavano che Guasparri gli tirava su, e gli voleva far correre. Pure colui, tremando tuttavia, giurava et affermava che così era, e che venissero a vederlo, in guisa tale che coloro si messero seco in via, sempre dicendo, o che egli avesse le traveggole, o che gli voleva far Calandrini o Grassi legnaiuoli; tantoché al Ponte alla Carraia giunsero, dove, guardato e riguardato, non seppero mai veder niente. A Guasparri non pareva possibile, e pure, mostrando il luogo, diceva come gli erano usciti d'Arno e che eglino sopravanzavano le sponde di cento braccia, tutti e due bianchi come la neve e che gli avevano solamente gli occhi e tutto il viso di fuoco, mille volte più brutti e terribili che l'Orco, la Tregenda e la Versiera. Ma Zoroastro (dettoli mezza villania che ancona non voleva restar di burlarli, e con gli amici non si usavano quei termini) e così gli altri mostratisi adiraticci, se n'andarono d'accordo a fornir la partita dei Germini, facendosi beffe di colui, con dire che egli aveva bevuto troppo. Guasparri, sendo di là da mezzo il Ponte, e veduto la Guardia (ché già s'era levata la luna) che, di Borgo San Friano venendo, se n'andava per lo Fondaccio, lasciò coloro volentieri, e quasi correndo se ne venne verso il Bargello, parendoli essere accompagnato e sicuro, tantoché sospettar lo fece; et aspettollo e cercollo, e non gli trovando arme, lo lasciò andare per i fatti suoi.


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