(Da Le Cene, Cena seconda, novella VI)
L' INGANNO AL FIDANZATO
Monna Mea viene a Firenze per la dote della Pippa, sua figliuola, maritata a Beco dei Poggio, il quale non avendo ella seco, è consigliata che meni in quello scambio Nencio dell'Ulivello, il quale è poi dalla padrona messo a dormire colla Pippa; la qual cosa poi risaputa, Beco si addira con le donne e falle richiedere in Vescovado, onde poi il prete della villa accomoda il tutto.
I
N via Ghibellina abitava, già è un gran tempo, una vedova de' Chiaramontesi, che ebbe nome monna Margherita; la quale prese da piccola una contadinella per serva, con patti che poi, cresciuta e venuta nel tempo conveniente, ella l'avesse a maritare; e rimase d'accordo con i suoi di darle cento cinquanta lire di piccioli per dote. Ora accadde che costei crescendo e già fattasi da marito fu venuto per lei dalla madre e menatane in Mugello donde elle erano; con licenza nondimeno di monna Margherita la quale aveva detto loro che la dote era a ogni lor piacere purché elle trovassero sposo recipiente. Monna Mea, che così si faceva chiamare la madre di colei seco menatane la figliuola, fece intender per lo paese che maritar la voleva; e perché ella aveva assai buona dote, ci era anche vegnentoccia e aitante della persona, ebbe di molti mariti in un tratto per le mani. Pure a un giovane, che si chiamava Beco del Poggio, la dette con la dote sopradetta; e la sera medesima che ella ebbe l'anello, Beco volle dormir seco, fra pochi giorni disegnando di venire per la dote dalla vedova in Firenze. Ma in questo mezzo gli venne voglia d'andare alla Fiera di Dicomano, per provvedersi di panni per sé e per la sposa; onde alla suocera ci alla moglie disse che da loro andassero a monna Margherita, e si facessero dar la dote, e ne la recassero a casa; perciocchè egli starebbe tre o quattro giorni a tornare; e partissi, e andonne alla fiera.
|