NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Monna Mea e la figliuola l'altra mattina a una grande otta si misero in via, e in su l'ora di nona arrivarono dove uffiziava un prete, che fu già loro parrocchiano, molto da bene e amorevole persona; sicché seco, come era costume quasi di tutti i paesani, si posarono, e dal sere molto ben vedute furono, tanto che vi stettero a desinare. Eravi per sorte appunto capitato la mattina un loro vicino, che di Firenze veniva per tornare in su, Nencio chiamato dell'Ulivello; e poi che essi ebbero desinato, essendo ancora a tavola, prese a domandare il prete che buone faccende facessero venire monna Mea a Firenze; et ella gli rispose come per la dote andava della sua figliuola che maritata aveva, e dissegli a chi. Il Sere gli disse ridendo: - O dove è Beco? - È andato alla Fiera, rispose la donna, a Dicomano: che importa egli che ci sia o no? - Importa, soggiunse ser Agostino (ché così era il nome del prete), ché voi vi perdereste i passi, perciocchè, se la padrona non vede il marito, non vorrà pagare i danari, come è ragionevole. - Noi abbiamo dunque fatto una bella faccenda, disse Pippa (chè così era chiamata la sposa), e converacci aspettare Beco che torni, e andarvi insieme: che maladetta sia tanta trascuraggine! - Deh, disse il prete, io voglio insegnarvi che voi non sarete venute invano: menate con esso voi qui Nencio, il quale so che per farvi piacere verrà volentieri; e date che sia il marito: colei, non l'avendo mai veduto, crederà agevolmente, e vi conterà la moneta.

     Piacque a monna Mea molto questa cosa, e Nencio, per far servizio al prete et alle donne, accettò semplicemente, non pensando che ne dovesse altro seguire. Così senza indugiare presero la via verso Firenze, e alla casa finalmente della vedova arrivati, furono da lei ricevuti lietamente, per lo che monna Mea con brevità le disse come Nencio era il marito della Pippa, e che venuti erano per la dote. A cui, graziosamente avendo toccato la mano agli sposi, rispose monna Margherita che era molto ben contenta; e subito mandò la serva per uno che faceva le sue faccende, acciocché da colui fussero annoverati loro i danari, e spediti prestamente, che se ne potessero andare; e intanto ordinò loro la merenda, molto rallegrandosi con la Pippa e con Nencio, il quale ella pensava veramente suo marito, dicendogli che egli aveva una buona e bene allevata figliuola, e che le facesse vezzi; della qual cosa Nencio si sforzava di mostrarsi lieto. Venne alla fine, gran pezzo aspettato, colui che faceva i fatti della vedova; a cui ella, raccontato il tutto, disse che cento cinquanta lire bisognavano per soddisfare alla Pippa, pagandole quivi al marito per conto della dote che guadagnato aveva. Colui di fatto, partitosi, n'andò al banco per arrecar seco i danari; ma tornato prestamente, disse loro che trovato non vi aveva il cassiere; onde bisognava che elle avessero pazienza per fina alla mattina, che a grand'otta gli spedirebbe. Per lo che monna Margherita, ripigliando le parole, disse: - Egli è a ogni modo sì tardi, che voi non vi condurreste a casa, che sarebbe mezza notte; però fa meglio che voi vi stiate questa sera meco: ben ci sarà tanta casa, che vi doverà dar ricetto: non dubito che voi dovete essere stracchi: la cosa non può venire più a proposito, perché ancora io mi goderò un poco la mia Pippa, ché Dio sa quando più la rivedrò; perciocché, avendomela allevata, le porto amore e affezione come a figliuola. - Della qual cosa monna Mea e la fanciulla, non pensando più oltre, insieme con Nencio furono contente.


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