(Dalle Lettere familiari: lettera a Silvestro da Prato)
GIORGIO VASARI
IL BERTUCCIONE QUERELATO
S
TAVA il Rosso, quando questa opera faceva, nel borgo de' Tintori, che risponde con le stanze negli orti de' frati di S. Croce, e si pigliava piacere d'un bertuccione, il quale aveva spirto più d'uomo che d'animale; per la qual cosa carissimo se lo teneva e come se medesimo l'amava; e perciò ch'egli aveva un intelletto meraviglioso, gli faceva fare di molti servigi. Avvenne che questo animale s'innamorò d'un suo garzone, chiamato Battistino, il quale era di bellissimo aspetto, ed indovinava tutto quel che dir voleva ai cenni che il suo Battistin gli faceva. Per il che, essendo dalla banda delle stanze di dietro, che nell'orto de' frati rispondevano, un pergola del guardiano piena d'uve grossissime sancolombane, quei giovani mandavano giù il bertuccione per quella che dalla finestra era lontana, e con la fune su tiravano l'animale con le mani piene d'uve. Il guardiano trovando scaricarsi la pergola, e non sapendo da chi, dubitando de' topi, mise l'aguato a essa, e visto che il bertuccione del Rosso giù scendeva, tutto s'accese d'ira e presa una pertica per bastonarlo si recò verso lui a due mani. Il bertuccione visto che se saliva, ne toccherebbe, e se stava fermo, il medesimo, cominciò salticchiando a ruinargli la pergola, e fatto animo di volersi gettare addosso al frate, con ambedue le mani prese l'ultime traverse che cingevano la pergola per la paura, di sorte, e con tal forza che fece uscire dalle buche le pertiche e le canne, onde la pergola e il bertuccione ruinarono addosso al frate, il quale gridando misericordia, fu da Battistino e dagli altri tirata la fune, ed il bertuccione salvo rimesso in camera: perché, discostandosi il guardiano, ed ad un suo terrazzo fattosi, disse cose fuor della messa, e con collera e mal d'animo se n'andò all'ufficio degli Otto, magistrato in Fiorenza molto temuto.
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