Finalmente andato Biagio col cittadino a casa ebbe il pagamento de' sei fiorini, secondo che dal maestro era stata mercata la pittura; e poi tornato a bottega, quando appunto Sandro e Iacopo avevano levati i cappucci di carta, vide i suoi angeli essere angeli e non cittadini in cappuccio: perché tutto stupefatto non sapeva che si dire. Pur finalmente rivolto a Sandro disse: - Maestro mio, io non so se io mi sogno o se gli è vero. Questi angeli, quando io venni qua, avevano i cappucci rossi in capo, ed ora non gli hanno, che vuoi dir questo? - Tu sei fuori di te, Biagio - disse Sandro. Questi danari t'hanno fatto uscire dal seminato. Se cotesto fosse, credi tu che quel cittadino l'avesse compero? - Gli è vero - soggiunse Biagio - che non me n'ha detto nulla, tuttavia a me pareva strana cosa. - Finalmente tutti gli altri garzoni furono intorno a costui e tanto dissono, che gli fecion credere che fussino stati capogiroli.
(Dalle Vite; vita di Sandro Botticelli)
ANTON FRANCESCO DONI
IL VILLANO ONESTO
P
ERDÉ in Mercato vecchio un nostro cittadino una borsa con quaranta ducati d'oro dentrovi, la quale un aventurato contadino ricolse, vedendola in terra; e come colui che era de' semplici, subito ne fece la mostra, dimandando a chi la fosse cascata. In questo mezzo tempo la signoria del nostro cittadino giunse all'uffizio e, non si trovando la borsa, si tenne mezzo rovinato; e tosto chiamato un banditore, la fece bandire, con, promessa, a chi trovata aveva una borsa con quaranta ducati, di donargli dieci di quegli ogni volta che la rendeva. Il villano, udito la grida, ando via a presentarla. Egli, quando l'ebbe in mano, contando i danari, conoscendo chi egli aveva a fare con un sonaglio e con un semplice sciocco, e, trovandogli quaranta, cominciò a dirgli villania a questo modo: - Eh, villan traditore, a pagarti da te! Tu m'hai tolto dieci ducati, perché erano cinquanta; e se non fosse, io ti farei e ti direi!... - e se lo cacciò dinanzi. Il dappoco si scusò con la verità, che non gli aveva né contati né nulla e che la stava così come trovata l'aveva; e con dir "pacienza!", se n'uscì dall'uffizio. Furon presenti alcuni più maliziosi del contadino, e, andato dietro al povero uomo, lo spinsero tanto e tanto lo molestarono che lo fecero andare dal Duca Alessandro. Il qual principe, udito il caso e conoscendo il contadino uomo da far questa e meglio cavalletta e il villano semplice, lo fece ritirare in una cameretta e tosto mandò per il cittadino. Arrivato che egli fu, gli disse il duca: - Intendo che egli v'è avvenuta una disgrazia stamani - doppo che ebbe ragionato seco di non so che lastrico - è egli vero? - Subito rispose l'uomo: - Si, signore. - Ed egli se la fece contare; e nel dirla vi aggiunse come il villano era stato cattivo e che s'era stato pagato da se medesimo. Volle veder la borsa il duca e i dinari: e quando l'ebbe in mano, fece uscir fuori il villano e riconoscer la borsa; poi, con un minacciarlo di farlo appiccare per averla aperta e tolti i dinari, gli fece grandissima paura. Il povero uomo non disse mai altro che la verità e il cittadino affermava la bugia. Sopragiunsero i testimoni che avevano udito il bando di quaranta; onde il duca disse, voltandosi al messere: - La non debbe esser la vostra, poi che l'era di cinquanta ducati: to', villano, va, tien questi insino che tu trovi il padrone; e se tu non lo trovi, goditegli, che buon pro ti faccia.
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