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Certo delle promesse avute, speranzoso che le tradizioni avrebbero deste le popolazioni e rese pronte a vendicarsi del Borbone, il Pisacane se ne viveva profondamente credente nell'efficacia dei perigliosi tentativi. E la sera del 24, mentre tutto aveva stabilito cogli amici Nicotera e Falcone, egli affidava alla carta il suo testamento politico, riassumendo tutte le sue teorie in queste due parole: Libertà ed Associazione.
Ecco il testamento.
"Nel momento d'intraprendere un'arrischiata impresa, voglio manifestare al paese le mie opinioni, onde rimbeccare la critica del volgo, corrivo sempre ad applaudire i fortunati e maledire i vinti.
"I miei principi politici sono abbastanza noti; io credo che il solo socialismo, ma non già i sistemi francesi informati tutti da quell'idea monarchica e dispotica che predomina una nazione, ma il socialismo espresso dalla formola Libertà ed Associazione, sia il solo avvenire non lontano dell'Italia, e forse dell'Europa: questa mia idea la ho espressa in due volumi, frutti di circa sei anni di studio; non condotti a forbitura di stile per mancanza di tempo, ma se qualche mio amico volesse supplire a questo difetto e pubblicarli, gliene sarei gratissimo. Sono convinto che le ferrovie, i telegrafi, il miglioramento dell'industria, la facilità del commercio, le macchine ecc. ecc., per una legge economica e fatale, finchè il riparto del prodotto, è fatto dalla concorrenza, accrescono questo prodotto, ma l'accumulano sempre in ristrettissime mani, ed immiseriscono la moltitudine; epperciò questo vantato progresso non è che regresso; e se vuole considerarsi come progresso, lo si deve nel senso che, accrescendo i mali della plebe, la sospingerà ad una terribile rivoluzione, la quale, cangiando d'un tratto tutti gli ordinamenti sociali, volgerà a profitto di tutti quello che ora è volto a profitto di pochi. Sono convinto che l'Italia sarà libera e grande oppure schiava: sono convinto che i rimedi necessari come il reggimento costituzionale, la Lombardia, il Piemonte, ecc. ecc., ben lungi dall'avvicinarla al suo risorgimento, ne l'allontanano; per me non farei il minimo sacrificio per cangiare un Ministro, per ottenere una costituzione, nemmeno per cacciare gli Austriaci dalla Lombardia ed accrescere il regno Sardo: per me dominio di Casa Savoia o dominio di Casa d'Austria è precisamente lo stesso. Credo eziandio che il reggimento costituzionale del Piemonte sia più dannoso all'Italia che la tirannide di Ferdinando II. Credo fermamente che se il Piemonte fosse stato retto nella guisa medesima degli altri Stati italiani, la rivoluzione sarebbe fatta. Questo mio convincimento emerge dall'altro che la propaganda dell'idea è una chimera, che l'educazione del popolo è un assurdo. Le idee risultano dai fatti non questi da quelle, ed il popolo non sarà libero quando sarà educato, ma sarà educato quando sarà libero. Che la sola opera che può fare un cittadino per giovare al paese è quella di cooperare alla rivoluzione materiale; epperò cospirazioni, congiure, tentativi, ecc., sono quella serie di fatti attraverso cui l'Italia procede verso la sua meta. Il lampo della baionetta di Milano fu una propaganda più efficace di mille volumi scritti dai dottrinari, che sono la vera peste del nostro, come di ogni paese.
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