CARLO PISACANE E
GIOVANNI NICOTERA
O LA SPEDIZIONE DI SAPRI
NOTIZIE STORICHE
DI FELICE VENOSTA
MILANO 1876
PRESSO Carlo Barbini EDITORE
Via Chiaravalle N. 9
"Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor."
"Eran trecento: eran giovani e forti:
"E sono morti!"
....E il popolo v'imparerà che quando l'Italia era tenebre e pianto sommesso, e l'Unità era battezzata sogno d'infermo, e la Libertà non era creduta possibile, un altro popolo, nelle condizioni più sfavorevoli e contro i potenti, innalzò una bandiera di fede definita e pubblicamente confessata, e parlò d'educazione di popolo e la tentò, d'azione e la tentò, di martirio e l'affrontò col sorriso.
I.
Da Ferdinando il cattolico a Filippo IV, cioè dal 1500 al 1648, Napoli, sotto il dominio di Madrid, ebbe ventotto vicerè, i quali, rubando ad un tempo e per la Spagna e per sè stessi, avevano con ogni sorta di balzelli e di avanie ridotta nella più squallida miseria quella regione privilegiata da Dio delle più rare delizie della natura. Salito al trono, Filippo V vide come difficile gli tornasse conservarsi i possedimenti italiani; onde distaccava per sempre dalla sua corona il regno di Napoli, e lo dava a Carlo suo figliuolo, nato dalle nozze con Elisabetta Farnese. Il nuovo re si fece chiamare Carlo III, "per la grazia di Dio re del regno delle due Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, gran principe ereditario della Toscana." Disegnò le armi innestando alle nazionali delle due Sicilie tre gigli d'oro per la casa di Spagna, sei di azzurro per la Farnese e sei palle rosse per quella dei Medici. La bandiera volle bianca con in mezzo le torri di Castiglia ed il rinomato vello d'oro della monarchia spagnuola. Nel 1735, cioè un anno dopo che era stato insediato nel nuovo regno, Carlo, recatosi a Palermo, e convocati nel Duomo i tre ordini dello Stato, che costituivano l'assemblea nazionale della monarchia rappresentativa, fondata dai Normanni in Sicilia(1), saliva sul trono, e, ponendo la mano sul Vangelo, ad alta voce giurava di mantenere i diritti del popolo, le ragioni del parlamento e i privilegi della città. - "Diciotto re, scrive La-Cecilia, avevano giurato anch'essi di mantenere e garantire le libertà rappresentative della Sicilia: tutti osservarono que' giuramenti; i successori di Carlo III, Ferdinando I, Francesco I e Ferdinando II giurarono anch'essi più volte di mantenere e garantire non solo le antiche istituzioni della monarchia di Sicilia, ma anche i nuovi patti costituzionali della moderna civiltà; i tre principi furono fedifraghi e spergiuri in faccia a Dio ed al popolo." Dopo secoli di straniera servitù, nella più bella parte d'Italia, veniva costituito un regno indipendente, che i trattati delle primarie potenze d'Europa garantivano al ramo dei Borboni di Spagna, i quali presero da quel tempo il nome di Borboni di Napoli, a patto però che rinunciassero per sempre a riunire in una sola la corona delle due Sicilie e quella di Spagna e delle Indie.
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