Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     All'alba del 2 luglio scorgevano Sanza, villaggio di cinquemila abitanti. Il drappello si era rimpicciolito, giacchè parecchi perdutisi; pochi erano gli uomini armati di schioppi, ed anche scarichi. I prodi spiegavano la bandiera nazionale, e si avanzavano gridando: Viva l'Italia! viva la libertà!
     I terrieri di Sanza a quegli accenti, che avrebbero dovuto far palpitare ogni cuore, si levavano contro i generosi: sono uomini e donne, vecchi e giovini, preti e monaci, armati tutti, chi di schioppo, chi di scure, chi di coltello, chi di bastone, e, a gran passi, mentre le campane suonavano a stormo, muovevano là dove erano quegli schietti Italiani, che avevano tratto in una terra d'Italia a fare opera utile alla patria comune, ed a ricevervi, così essendo scritto nei fatti, il vilipendio e la morte. La stupida ed ignorante gente, aizzata ai più feroci propositi dai preti e dai frati, non si tratteneva di piombare su i poveri Martiri alle soavi e tenere parole che essi facevano suonare in mezzo alla turba furente: - "Siamo vostri fratelli," andavano dicendo gl'infelici. "Perchè ci assassinate?... Noi siamo venuti a spendere la nostra vita per togliervi dalla tirannia!" - Ma pur dovendosi difendere, e vedendo che vano tornava il fraterno linguaggio, i pochi generosi non si atterrivano, ed affrontavano la moltitudine pazza e scellerata. I rimasti dei regalati di Ponza, vedendo impossibile la difesa, fuggivano precipitosamente. Pisacane, Nicotera e Falcone, con nove degli imbarcati a Genova rimanevano, e, sospinti dal popolo furibondo, si ritiravano in un burrone all'ingresso della borgata. Il Nicotera volava per raggiungere i fuggenti, e ricondurli all'azione; ma tutto era vano; preferivano cadere prigionieri; ed egli ritornava per morire cogli undici compagni. Giungeva il Nicotera al luogo ove pochi istanti prima li aveva lasciati, e trovava il Falcone supino a terra; poco più avanti il Foschini e il Barbieri. Il Pisacane, sempre imperterrito, cercava ripassare un torrente, quando veniva colpito dalla scure de' terrazzani, e tratto a morte crudele con colpi di forca e di bastone. V'ha taluno che asserisce aver egli pronunciato mentre era aggredito: "Voi siete assassini, mi derubate, ed ora mi uccidete: conducetemi alla giustizia." Il Nicotera con altri trenta circa, che aveva potuto ancora raggranellare, si raccoglieva per continuare la difesa; infine, vedendo come vano era ogni ulteriore conato, stava per raccogliere il cadavere del Pisacane e ritirarsi in altro punto, quando una palla gli forava la destra: datosi ad inseguire il feritore, tre fendenti di scure lo coglievano al capo, e cadeva in una gora di sangue non lungi dall'amico. I relegati, che si consegnavano, morivano sotto la scure di quella gente ubbriaca dopo essere stati disarmati e spogliati di tutto. Ben si poteva scrivere sulle mura di Sanza come Agide: "Passeggero, percorri l'Italia, e grida che i suoi figli morirono per la sua libertà!"


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