Non è mestieri che ci diffondiamo in altre parole a celebrare Carlo Pisacane. La sua fama sfida le miserabili ire di parte, le calunnie e il correre degli anni; vivrà eterna. "Sì, scriveva un amico del Martire, finchè la libertà sia cara agli uomini, finchè vi sia un italiano che ami l'Italia, finchè la virtù abbia culto e memoria nel mondo, il tuo nome, fortissimo eroe, sarà benedetto e ripetuto con ammirazione e con lode dagli uomini! Cesseranno i tiranni di essere salutati col nome di grandi; ma tu, Carlo Pisacane, non cesserai di essere offerto ad esempio del come degnamente per la patria si viva o si muora."
Del Pisacane è superstite la figlia Silvia che fu col cuore adottata dal Nicotera e dalla consorte di lui signora Poerio, dopo la morte della signora D..., che, non meno del padre, assai teneramente amava. Da Silvia i congiunti Nicotera sono corrisposti del pari al grandissimo affetto che hanno per lei; ella volle dal dì in cui entrò nella nuova famiglia formarne una sola nel petto, e chiamarsi Pisacane-Nicotera. La signorina Silvia alle gentilezze della persona accoppia un animo nobilissimo ed un intelletto ricco di sapere; la sua parola, i suoi modi le caparrano d'un subito l'ammirazione di quanti l'avvicinano. Figlia di Martire, ama immensamente la patria e la libertà, e per esse farebbe pur sacrificio della vita.
VI.
Verso il vespro, i prigionieri, avvinti di catene, e sempre nudi, venivano dai soldati dell'11° cacciatori condotti a Buonabitacolo, sulla via di Salerno, ove facevasi loro incontro il feroce colonnello Marulli, lo stesso che nel 1860 comandava da generale la piazza di Gaeta. Il Marulli, dopo di avere fortemente percosso ed insultato il Nicotera, fece rinchiudere tutti in un porcile. Tre giorni i prigionieri fatti a Sanza furono tenuti rinchiusi a Buonabitacolo. Durante questo tempo, il Nicotera veniva a sapere della cattura del Cagliari, e come fosse esso mandato a Salerno per esservi processato. Il pensiero dei suoi compagni gli rampollava tosto alla mente, e cercava il mezzo di stornare da loro le ire di Ferdinando II, di attenuare, di giustificare, in certo modo, la spedizione di Sapri. Quanto a sè, non pensava nè pure; ben sapeva come il suo fine fosse segnato; ma in favore dei suoi compagni potevano militare attenuanti. E appunto a Buonabitacolo, alla presenza di un ufficiale dei cacciatori, stendeva una dichiarazione, sulla quale esagerando la cospirazione murattista, in questa faceva consistere il vero pericolo pel regno dei Borboni, e cercava di rendere più mite l'animo dei giudici, verso i suoi compagni di sventura. Non un nome di quelli che potevano essere colpiti gli sfuggiva di bocca. Conosceva tutti i capi murattisti di Napoli, e non ne svelava alcuno. Parlava soltanto di quelli che si trovavano all'estero, al sicuro da qualsiasi persecuzione; onde nessun murattista fu mai posto in accusa, nè arrestato, nè tampoco sospettato per sua cagione.
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