Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


Pagina 6
1-5- 10-15- 20-25- 30-35- 40-45- 50-55- 60-65- 70-75- 80-84

[Indice]

     I Repubblicani resistettero valorosamente, in sulle prime, alle orde del cardinale Ruffo; ma il combattimento era in armi dispare; e però non poterono a lungo resistere.
     Il Ruffo, dopo essere passato su mucchi di cadaveri de' suoi e dei Repubblicani, attraverso alle fiamme, ai saccheggi e le rovine, più coll'inganno che colle sue preponderanti forze, a cui si erano uniti e Russi e Turchi, potè entrare in Napoli il 13 giugno; e dopo giorni di ecatombi, il 30, alla rada, protetto dall'armata inglese, condotta dall'ammiraglio Nelson, giunse pure re Ferdinando. Suo primo cómpito fu quello di promulgare una legge contro i rei di Stato, in forza della quale più di quarantamila cittadini erano minacciati della pena di morte, e un numero maggiore del bando. "E per conseguire i suoi feroci voleri, scrive il Vannucci, avea creata una Giunta di Stato composta di tristissimi uomini, più tristo de' quali era Vincenzo Speciale, nativo di Sicilia, spregiatore di ogni giustizia, furioso amatore della tirannide, insultatore crudele dei prigionieri, iniquo falsificatore dei processi: insomma schiuma di scellerato, e degno ministro alle ire di Carolina e di Ferdinando Borbone." La persecuzione di questa tristissima coppia superò in crudeltà quella de' più feroci tiranni. Mentre contaminava le città col sangue degli uomini più venerandi, col commettere gli atti più arbitrari che mai, non risparmiava nè pure le donne. L'avere legami di parentela o d'amicizia con un fautore di Repubblica, l'avere soltanto mostrato un senso di umanità pelle vittime, bastava per esporre le più nobili e virtuose donne agli strazi della plebe furibonda, alle ire della corte, alle vendette di Carolina. Le madri, le mogli, le sorelle dei Repubblicani vennero barbaramente trattate; non mancarono le condanne di morte: anche nobilissime donne offersero il collo al capestro, o tinsero del loro sangue la mannaia del Borbone. Questo re, stretto dalle vittorie di Napoleone, dovette nel 1805, cercare di nuovo rifugio in Sicilia, scampando così alla meritata vendetta. Ivi rimase dieci anni finchè durarono in Napoli i regni di Giuseppe Bonaparte e di Giovacchino Murat.


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]