Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Le sciagure dei Napoletani non ebbero termine nè pure sotto il governo di questi due re, i quali mancarono alle loro promesse. Colle prepotenze della conquista, colle immoderate gravezze, colle morti della più gagliarda gioventù in lontane guerre, essi avevano di molto irritati i popoli. Insopportabile fu più che l'altro il regno del Murat; e qualche storico dimostra come l'Austria e Ferdinando II fossero assai più miti nelle loro misure di quel re francese.
     Gli amatori di Repubblica, odiando qualunque dominazione straniera, si ritirarono sui monti degli Abruzzi e delle Calabrie; ed ivi, intenti a cospirare contro i re, diedero principio alla sêtta dei Carbonari, la quale presto divenne potentissima(6). Gl'Inglesi, che stavano in Sicilia a difesa di Ferdinando, si rallegrarono della mala contentezza che nasceva contro i Francesi; si rallegrarono dei sentimenti che animavano i Carbonari, e con essi fecero pratiche, e promisero loro una costituzione se si adoperassero a richiamare l'antico re. La polizia di Giovacchino, venuta in sospizione di queste pratiche, cominciò ad usare fierissimi modi; furono stabilite commissioni militari, vi furono condanne di morte. Ma la Carboneria, perseguitata, s'ingrandiva e si estendeva in ogni luogo, in ogni ceto; e quanto più poteva lavorava a' danni del Murat. E quando questi, muovendo contro gli Austriaci, chiamò col proclama di Rimini (30 marzo 1815) gl'Italiani all'indipendenza, niuno rispose all'appello, tanto i popoli erano stanchi delle fallite speranze.


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