Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Il Pisacane non ammetteva l'entusiasmo che i volontari sentivano pel Garibaldi. "Guai, scriveva egli, allorchè le masse giungono a credere all'inviolabilità ed all'infallibilità di un uomo. Guai allorchè le masse si avvezzano alla fede e non alla ragione: è questo il segreto sul quale sino ad ora si è basata la tirannide, che ha trovato facile la strada al conseguimento dei suoi disegni; dappoichè il pensare è fatica dalla quale rifuggono le moltitudini, corrive sempre al credere. Indisciplina in pace e disciplina in guerra è la divisa in ogni rivoluzione, quella genera la discussione e crea il concetto, ovvero la bandiera; questa unifica gli sforzi, ed invita il soldato a tener gli sguardi fissi sul vessillo e non già sul capitano. Poco monta che la mitraglia distrugga un generale: un altro lo rimpiazza, ma la bandiera non cambia, ogni milite deve averla scolpita nel cuore." Eminentemente dotto nell'arte militare non poteva poi riconoscere il sistema di guerra adottato dal Garibaldi, quell'indipendenza sua ad ogni disciplina e quella cieca fidanza che ei riponeva nella fortuna. Noi però abbiamo fermo convincimento che se il Pisacane fosse vissuto tanto da essere testimonio delle vittorie comensi e della spedizione dei MILLE, avrebbe certamente rivocato il suo concetto sul Garibaldi, e salvatore dei popoli non solo, ma grande capitano lo avrebbe salutato.

     Incerto del partito da prendere, il Pisacane era rimasto in Roma anco dopo che i Francesi vi erano baldanzosi entrati. Esso, e mai seppene la causa, era un giorno imprigionato, e rinchiuso in Castel sant'Angelo per otto giorni; da dove non uscì che per le molte istanze che fece al generale Oudinot la donna del suo cuore, la quale sempre lo aveva seguito. Come fu fuori dovette subito partirsene; imperocchè i vincitori tanto temevano di que' vinti che dileggiavano quali codardi ed imbelli, che gli contesero di rimanere più a lungo in città. Il Pisacane partiva per Losanna, ed imprendeva di nuovo la vita dolorosa dell'esule.


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