Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


Pagina 23
1-5- 10-15- 20-25- 30-35- 40-45- 50-55- 60-65- 70-75- 80-84

[Indice]

     Caduta Milano di nuovo in potere del Radetzky, il Pisacane recossi sdegnoso in Isvizzera, ove si ridussero molti dei più ragguardevoli uomini d'Italia; e fu in quel tempo che per la prima volta conobbe Giuseppe Mazzini.
     D'animo ardentissimo, non poteva lungamente rimanersi neghittoso. E però, come in sul finire del 1848 venne a cognizione che il Piemonte levava soldatesche per la riscossa e ordinava reggimenti nuovi, correva a Vercelli ad offrire la sua persona; e quivi veniva ammesso col grado di capitano nel 22° reggimento di fanteria, che faceva parte della divisione lombarda. Se non che gravissimi tornandogli gli indugi, le esitanze, le ministeriali incertezze, non sì tosto seppe che a Roma era stata, il 9 del febbraio 1849, proclamata la Repubblica, egli chiedeva ed otteneva in breve regolare congedo dal ministro della guerra, e si affrettava a muovere per alla volta della città eterna, dove un irresistibile instinto gli presagiva che più gloriosamente avrebbe potuto consacrare l'opera sua a difesa della periclitante libertà.

     Quando Carlo Pisacane giunse a Roma, il piccolo esercito della nuova Repubblica era disordinato e disperso; ond'egli, che peritissimo era delle cose militari, espose al triunviro Mazzini i suoi pensieri sul modo di raccoglierlo e disciplinarlo. Piacquero tanto al Mazzini que' disegni che nella tornata del 15 marzo propose all'assemblea si creasse una commissione sulle cose di guerra, la quale riformasse e le soldatesche che vi erano e ne levasse di nuove per provvedere alla salute della patria. Fu creata la commissione, e fra quelli che ne fecero parte, per unanime voto, fu il Pisacane. Coloro che in quel tempo lo conobbero asseverano che principale parte di lode a lui spetta delle buone cose operate da quella commissione, la quale tanto conferì a difendere la città contro le soldatesche di Francia e a mantenere la gloria delle armi italiane; e ad esso pur attribuiscono il vanto di aver ordinato il fatto d'arme del 30 aprile, di tanto onore ai difensori di Roma. Comechè il Pisacane dissentisse dal Mazzini su varie questioni, socialista e pur federalista essendo, tuttavia quegli sel tenne assai caro; lo elevò al grado di colonnello, e all'ufficio di capo di stato maggiore. Ma il Pisacane non si accontentò di far parte degli ordinatori dell'esercito; volle essere pur soldato di azione; trovossi in ogni combattimento, pugnando sempre con estremo coraggio. E ben ebbe ragione il Bertani, ne' suoi Cacciatori delle Alpi, di chiamarlo il prode dei prodi; imperocchè, degnissimo compagno dei Mameli, dei Manara, dei Daverio, dei Morosini, dei Dandolo e di altrettali, operò fatti degni de' padri nostri.


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]