Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Prima di operare volle il Pisacane di persona chiarirsi dello stato delle contrade meridionali e degli animi. Affidandosi ad un passaporto e alla lingua inglese, che parlava perfettamente, in sullo scorcio del maggio 1837, penetrava in Napoli, si affiatava con parecchi amici, dai quali aveva l'assicurazione che il paese trovavasi in condizioni tali da insorgere in un solo pensiero al benchè lieve impulso. Teodoro Pateras, Luigi Dragone e Giuseppe Fanelli, dei più fervorosi del Comitato, gli facevano inoltre solenni promesse di aiuti d'uomini e di danaro; ma avrebbero desiderato tempo ancora. Se non che il Pisacane, allettato dalla speranza che forme atletiche avrebbe preso l'insurrezione allo sbarco di gente armata, non accondiscese a procrastinare l'esecuzione dello stabilito disegno, e pregò il Comitato ad affrettarne le disposizioni. Egli era convinto che si dovessero, avanti tutto, rivolgere gli sforzi alle terre del Cilento, terre di poesia, di memorie di sventure. Ivi la libertà era sempre stata tenuta in pregio, e i Cilentani per acquistarsela non avevano perdonato nè a fatiche, nè a pericoli. Il carcere, l'ergastolo, l'esilio, il capestro, furono i mezzi che la tirannide sempre usò per ispegnere nel loro cuore la fiamma di libertà; ma dessi, anzichè spegnerla, non avevano fatto che ingrandirla e nobilitarla. A ragione il Pisacane poteva avere certezza di pronti e potenti mezzi rivoluzionari.

     Ecco quanto ci scriveva (1864) il Nicotera sugli accordi del Pisacane col Comitato napoletano: "Innanzi operare, Carlo scrisse in diretta corrispondenza col Comitato di Napoli, ed ebbe da questo le più larghe assicurazioni che il paese trovavasi in condizioni tali da sorgere in un solo pensiero al benchè lieve impulso. Un tal Pateras gli rimetteva un così detto piano militare, che in verità muoveva il riso, che diceva studiato da lui in un viaggio nelle provincie di Salerno e di Potenza (si è verificato poi che il Pateras non era mai stato in quelle provincie); ed un certo Giuseppe Fanelli assicurava che tutti i quartieri della città di Napoli erano preparati ad insorgere; che si era praticata una mina sotto la caserma degli Svizzeri, e dava come possibile la sorpresa di Sant'Elmo; per le quali cose si chiedeva un capo militare che fu scelto nella persona di Enrico Cosenz."


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