Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Sbarcavano i congiurati vicino al villaggio di Sapri, posto nel golfo di Policastro, innalzando il grido di libertà. Nessun eco rispondeva a quel grido: tutto era silenzio e tenebre. Nessuno li aspettava, nessuno veniva ad incontrarli; gli uomini promessi dal Comitato di Napoli non si scorgevano punto: qualche terriere li vedevano: ma fuggivano spaventati. Attendevano tuttavia per lunga ora; infine perdevano ogni speranza di soccorsi e di guida. L'inesecuzione delle solenni promesse fatte a Pisacane dal Comitato, promesse che chiaramente risultano dagli scritti dati, fu la precipua cagione della morte di que' generosi(23).
     Lo sbarco si era effettuato in circa due ore poco lontano dal Casino Bianco, ove il Pisacane avrebbe dovuto trovare gli uomini armati. Egli dispose la colonna in quest'ordine di cammino. Gli imbarcati a Genova, a cui s'era unito anche Giuseppe Mercurio di Subiaco, cameriere del Cagliari, vennero divisi in due squadre, metà di avanguardia, comandata dal Nicotera, e metà di retroguardia, comandata dal Falcone; i relegati formarono il centro, diviso in tre compagnie coi rispettivi ufficiali, comandato dal Pisacane. Giunta la comitiva presso il Casino Bianco, gridò, come di concerto: - Italia degli Italiani! a cui avrebbero dovuto rispondere: E gl'Italiani per essa. - Niuna voce si fece udire. - Entrata nel Casino, lo trovò deserto. Due guardia-coste fecero fuoco; ma nessuno venne colpito. Imbattutasi nell'impiegato del telegrafo, lo fece prigioniero; esso servì di guida sino a Sapri. Quivi pernottava; e la mattina muoveva per a Torraca, ove giungeva a mezzodì del giorno 29. Il Pisacane sperò che sarebbe accolto festosamente; ma non un volto amico: nessuno s'offrì di seguirlo. Soltanto l'oste del Fortino, eretto lungo la strada che conduce a Lagonegro(24), disse al Pisacane che un po' più avanti avrebbe trovati i compagni col barone Gallotti. Recatosi al Casino di costui trovarono un di lui figlio, il quale non solo non fece delle vaghe promesse; ma chiese se si era fatta la spedizione per conto del Murat. Quanto al barone, come seppe dello sbarco di Sapri, recavasi subito dal Sotto-Intendente di Lagonegro, e dichiarò che, essendo egli un attendibile politico, non voleva si fosse ritenuto complice. Esiste nel processo, che seguì questi fatti, un certificato di quel Sotto-Intendente in questi sensi. "Per verità il Gallotti non sapeva nulla della spedizione, non aveva promesso nulla."


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