Dimandato chi gli avesse somministrato le armi e munizioni, rispose: "che rinvennero tutto sul piroscafo e se le presero. - Altro non sapere."
Dimandato se il Pisacane fosse in loro compagnia, e dove si trovasse, rispose "essere giunti uniti in questo comune, e ora dicesi di essere stato ucciso."
Lettura data, disse: "non potere sottoscrivere perchč ferito alla mano."
Dopo quest'interrogatorio, l'esecuzione non era pił che questione di ore. Ma, in questo mezzo, giunse al giudice un telegramma che annunciava la cattura del Cagliari, il battello da cui era sbarcata la spedizione, cattura che rendeva necessaria una procedura criminale. Il Nicotera, unico capo superstite della spedizione, non poteva essere giustiziato sommariamente. Venne l'ordine di mandarlo a Salerno.
Il Cagliari era stato catturato dalle fregate a vapore della marina borbonica Tancredi ed Ettore Fieramosca, e condotto a Napoli. Capitano, macchinisti (Watt e Parks inglesi), marinai, passeggieri, ed alcuni dei delegati di Ponza, che erano rimasti sul cassero, vennero senza distinzione, gettati nelle prigioni della Vicaria.
Gli evasi da Ponza erano: Michele Milano, di Napoli, Filippo Conte, di Caserta. Michelangelo Mario, di Foggia, Salvatore Barberio, di Cosenza, Vincerzo Pafaro, di Catanzaro, Francesco Gallo, di Catanzaro, Battista de Pascale, di Teramo, Giovanni Parrillo, di Caserta, Carlo Lofata, di Sicilia, ed Eugenio Lombardo, di Potenza.
Erano i prigionieri di Sanza da circa due ore nel convento, quando arrivavano da Sapri due compagnie dell'11° cacciatori. Gli ufficiali chiedevano del Pisacane, e, udito come non fosse fra i presenti, comandavano che il Nicotera venisse accompagnato sul luogo, ove era avvenuto il combattimento, affinchč cercasse riconoscerlo fra gli estinti. Gią sfinito per la perdita di molto sangue, il Nicotera doveva compire il tristo ufficio. Il corpo del Pisacane era stato reso deforme; ma l'amico lo riconobbe subito.
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