Il marinaio Celommi non era nuovo a questa esperienza, perché nel passato si era già trovato in altre due situazioni analoghe. Il 20 maggio 1883 aveva tratto in salvo una persona in procinto di annegare, meritando per il suo atto di coraggio una medaglia d'argento al valore civile. Uguale onorificenza al valore marino ricevette anche quando trasse in salvo il 29 novembre 1892 il marinaio Ladislao Mazzarella.
Il Prefetto nella sua relazione, sulla scorta anche del rapporto dei Reali Carabinieri, pur sottolineando che alla prontezza dell'intervento dei due si doveva la salvezza del piccolo in difficoltà, trasse la conclusione che essi non avevano posto in pericolo la propria vita, aspetto che il Sindaco di Montepagano invece aveva messo in evidenza al Prefetto. I due protagonisti infatti avevano riferito al Sindaco una versione del fatto che descriveva il salvataggio come avvenuto con una diversa modalità. Nella deposizione i due dichiararono che nel momento in cui il ragazzo "si dibatteva nelle onde e poscia scompariva, in fretta si svestirono, rimanendo solo in camicia, si tuffarono in mare, e nonostante la forte corrente, raggiungevano dopo pochi minuti, con grande sforzo, il povero naufrago che, svenuto e privo di sensi, ricondussero subito al lido, ove il designato aveva le prime cure e il tenero abbraccio della desolata madre che ai salvatori esprimeva tutta la sua riconoscenza. Fu una scena quella indescrivibile di dolore, per la povera madre, accorsa sulla riva, alla vista del figlio pericolante, in mare, e di ineffabile gioia quando semivivo rivide il figlio sul lido".
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