Felice Venosta
CARLO PISACANE E GIOVANNI NICOTERA
(o LA SPEDIZIONE DI SAPRI)


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     Cadde Giovacchino; e tornò Ferdinando a gotizzare Napoli. Il Borbone, anzichè dar sostegno e favore a coloro che avevano cooperato al suo ritorno, anziché dare la promessa costituzione, si mostrò pronto a punire chi di libertà parlasse o pensasse. I Carbonari allora cominciarono a cospirare contro di esso. La rivoluzione di Spagna del 1820 vieppiù accese i desideri e le speranze di libertà. La materia era pronta; a destare vastissimo incendio bastava una favilla.
     Ai 2 di luglio dello stesso 1820, i sottotenenti nel Reggimento Borbone cavalleria, Michele Morelli e Giuseppe Silvati, innalzando la tricolore bandiera, disertavano da Nola con alquanti sergenti e soldati. Ad essi si univano varî settari e il prete Luigi Menichini da Nola. Il grido di patria trovò dappertutto favore; e la rivoluzione in quattro giorni si operò da un capo all'altro del regno, con esemplare concordia, senza spargimento di sangue. In tant'armonia di tutti nello stesso pensiero, il re cedette ai desideri del popolo, e promise e giurò solennemente la Costituzione di Spagna. Il giorno primo di ottobre si aprì il Parlamento nella chiesa dello Spirito Santo, ed ivi il re col maggiore apparato giurò sul libro dei Santi Vangeli di difendere e conservare la Costituzione, ed aggiunse che se mai mancasse al giuramento, invocava da Dio sul proprio capo la pena degli spergiuri. I principi della santa alleanza, non assentendo al mutamento di Napoli, invitarono Ferdinando a congresso in Lubiana per trattare cose del regno. Il re accettò tosto l'invito, e comunicò al Parlamento la sua volontà; dopo vario disputare, i rappresentanti del popolo commisero il gravissimo errore di lasciarlo partire.


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