"- E questo nome che cosa significa? venne domandato al Nicotera.
"- Ah! me n'era scordato, rispose egli pronto. Il De Mata è un bravo cappellaio di Napoli. Il Pisacane aveva comprato da lui un cappello, e siccome n'era stato contento, così ne aveva notato il nome per fargli le commissioni in seguito."
Pochi giorni dopo il De Mata veniva rilasciato in libertà, per mancanza di prove, frutto del nobile procedere del Nicotera.
Tra gli oggetti sequestrati al Nicotera, c'era un grosso portafoglio inglese. Il Procuratore generale glielo presentava, ed egli lo riconosceva per suo. L'apriva, ne passava i fogli candidi come neve; ma da una divisione usciva un involtino di carta contenente polvere bianca.
"- E questa polvere che cosa è?
"- È, rispondeva il Nicotera senza scomporsi, un veleno. Aveva deciso d'ingoiarlo se la spedizione andava male. Ma caddi ferito, ho perduto i sensi, e non fui a tempo di sottrarmi alle vendette del governo borbonico."
Il Procuratore generale prendeva la cartolina, s'accostava alla finestra, la scioglieva e sperdeva al vento la polvere. Quel portafoglio conteneva la lista dei componenti il Comitato di Napoli, di tutti i cospiratori, e di tutti i corrispondenti, scritta con inchiostro simpatico. La polvere bianca, sciolta in un bicchiere d'acqua, avrebbe dato il mezzo di leggere, tutti quei nomi, scritti di pugno del Nicotera.
Il Procuratore generale, più furbo dell'intendente Ajossa, quando vide che il famoso libro a riscontro non si trovava, rifrugò tra le carte del processo; trovò la Nota campioni, e s'incaponì a crederla la chiave del cifrario. L'adoperò, e lesse interi i nomi del Matina, dell'Agresta, del Libertini, del Magnone e degli altri. L'istruttoria poteva dirsi compiuta; l'atto d'accusa veniva redatto, e gli accusati comparivano alla sbarra. Le prime parole del Nicotera furono un aggressione vivace contro il procuratore generale.
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