Federico Adamoli
EROI TERAMANI. ALCUNI ATTI DI CORAGGIO TRA '800 E '900


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     Ciò che si temeva accadde: il muro di cinta dell'abitazione crollò sotto la forza delle acque, che senza alcun ostacolo avevano continuato nell'opera devastatrice, producendo una frana di dodici metri di larghezza e di otto metri di altezza, scoprendo le fondamenta della casetta. Per scongiurare il disastro occorreva a quel punto preparare subito un argine, ed il compito appariva arduo sotto l'imperversare del violentissimo nubifragio; la frana in movimento minacciava di travolgere tutto senza speranza di poter essere soccorsi, essendo le strade adiacenti deserti ed inaccessibili per l'imperversare del temporale.
     I tre, coadiuvati dal manovale Antonio Giacintucci di Carmine di anni 34, nonostante le condizioni di estremo pericolo si misero all'opera per costruire l'argine ed aprire un varco alle acque impetuose. Durante i lavori il Ricciulli, ingannato da una pozza di fango mascherata dall'erba vi finì dentro, rimanendo immerso nella melma per circa metà del corpo, e ne fu estratto con grande fatica dagli altri tre. Tutti proseguirono nel rischioso lavoro, incuranti della circostanza che le acque continuavano a scalzare le fondamenta, con il rischio del crollo totale della casa. Infine il pericolo maggiore fu scongiurato, ma la casa comunque si presentava gravemente lesionata, e minacciava di crollare, ragion per cui dovette essere abbandonata dagli occupanti; se non prontamente riparata dal proprietario Ricciconti, a detta delle autorità rischiava di essere demolita.

     Prontamente la Delegazione Provinciale di Pubblica Sicurezza segnalò al Prefetto "l'abnegazione e l'opera coraggiosa" svolta dalle persone intervenute, proponendo anche per il capo guardia Cantarini, "a titolo di incoraggiamento", la concessione di una gratificazione, "trovandosi lo stesso carico di numerosa famiglia e molto bisognoso".


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