Ma Siegfried vuole Crimilde e nessun'altra. Con l'aiuto del cappuccio magico che lo rende invisibile, egli vince in tutte le prove la regina, fingendo che sia Gunther il vittorioso. Quindi Brunilde, secondo i patti convenuti, sposa il re dei Burgundi.
Al ritorno sono celebrate le nozze di Siegfried con Crimilde e di Brunilde con Gunther.
Le lacrime cadono lungo le chiare guancie della bella, inclita Brunilde. Gunther, la cui coscienza non è punto tranquilla, meravigliato e ansioso, le domanda perchè pianga. E Brunilde risponde: «Piango per la sorella tua Crimilde, che tu non hai dato in sposa a un re, ma a uno dei tuoi vassalli, e così hai avvilito il suo decoro».
Il primo nodo fatale dell'azione si è stretto a questo punto, ma il lettore non può ancora intenderne tutte le profonde, intime complicazioni. Brunilde piange,... e evidentemente le ragioni del suo pianto non sono che pretesto. Per intendere il sentimento che fa spargere lacrime alla feroce vergine, dobbiamo risalire a più antiche leggende, che hanno la loro radice nelle età pagane. La poesia popolare germanica fuse nel medesimo crogiolo il deismo indigete con le nuove creazioni, che si adattavano alle teorie della nuova religione. Ma, osservando bene, tutto questo poema dei Nibelunghi ha in sè ancora assai più della feroce violenza dei tempi pagani che non delle miti massime cristiane. Anzi, Dio, la Vergine, i Santi, e nessuna delle dolci e sublimi figure del Cristianesimo, non appaiono mai nel violento rotare di passioni selvagge, fra le quali la principale motrice delle azioni è la implacabile e feroce vendetta. Il mito pagano, di antica origine teutonica, è andato perduto nell'originale, ma le saghe nordiche ce lo hanno conservato.
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