Dinanzi alla reggia il re pose piede a terra, e allora le dame furono servite e levate di sella.
Le regine si lasciarono. Dama Ute e sua figlia entrarono nei vasti appartamenti col loro seguito. Dappertutto si udivano echeggiare grida di gioia.
Si prepararono i seggi, e le grandi mense furono coperte di vivande, come ci fu narrato. C'era là tutto ciò che si poteva desiderare.
Cavalieri famosi erano intorno al re.
I camerlenghi del re porgevano l'acqua in coppe d'oro rosso.
Qualcuno disse che era fatica sprecata poichè non vi fu mai più diligente servizio alle nozze di un principe: difficilmente lo credo.
Prima che il re si servisse dell'acqua, Siegfried gli si avvicinò, e poteva ben farlo senza vergogna, e gli rammentò la parola datagli, prima che avessero veduto Brunilde nella sua terra d'Islanda.
Ei disse a lui: «Scordaste forse quella promessa
fattami a che Brunilde vi fosse allor concessa?
Della sorella vostra mi giuraste la mano.
Avrei dunque il viaggio e l'opra per voi spesi invano?».
E il re rispose: «Avete ragione a rampognarmi,
nè con mano o parola io voglio spergiurarmi,
io vi darò il mio appoggio con tutto il cuore». E tosto
comandò che Crimilde menata fosse sul posto.
Ella giunse seguìta dalle sue molte ancelle,
ma Giselher gridò: «Vadano le donzelle,
perchè Crimilde sola dinanzi al re si stia!».
Così disse, levato dal seggio ove stava pria.
Crimilde fu menata dove sedeva il re,
principi e cavalieri avea d'intorno a sè.
Tutti ne l'ampia sala stettero muti e attenti.
Anche Brunilde allora si sedette fra i presenti.
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