Federico Adamoli
LA CHIESA PERDUTA
(La vicenda della Chiesa di S. Matteo di Teramo)


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Chiesa di San Matteo – Facciata e portale

Notizie storiche ed artistiche

     Sulla base dei documenti raccolti da Nicola Palma le prime notizie della chiesa di San Matteo, adiacente sin dalla sua costruzione ad un Ospedale edificato dall'Università di Teramo, risalgono al 1385 (3). Nel 1538 grazie all'attiva opera della nobildonna Piacentina dei Cappelletta, vedova di Marco Princi, il controllo della chiesa venne assunto dalle Monache Benedettine, che ottennero dalla città di Teramo la cessione dell'ospedale per trasformarlo in monastero. Inizialmente alle monache fu richiesto quale condizione per la concessione il mantenimento dell'ospedale, ma per l'opposizione di Piacentina, che con la perdita dei figli intendeva trascorrere il resto della sua vita in monastero, e che riteneva che le «cose, le quali si offrono a Dio, debbono essere scevre da qualsivoglia limitazione e riserva» (4), si conseguì una cessione assoluta, con il consenso di Papa Paolo III, riuscendosi persino a derogare alla volontà di coloro che avevano lasciati i beni all'ospedale. Nel 1686 la chiesa ricevette in dono una grande campana destinata al campanile dal Preside della Provincia di Teramo Pennelosa, mentre tra il 1707 e il 1713, per iniziativa della nobildonna Maria Antonia Nicolini (il cui nome si leggeva sull'architrave della porta d'ingresso) la chiesa venne ampliata e decorata secondo lo stile settecentesco dagli architetti Giosaffatti di Ascoli Piceno (5), assumendo definitivamente la forma barocca che ha conservato fino alla demolizione. E' invece datata 1713 l'iscrizione posta sul grande arco soprastante l'altare maggiore dalla quale risulta che il pittore abruzzese Giovambattista Gamba (6) dipinse in affresco la volta della chiesa.

(3) La prima menzione della chiesa di San Matteo, del 1385, è rintracciabile in un Quaterno aggiunto al Libro Censuale compilato dal Capitolo aprutino, che comprendeva una lista delle chiese che corrispondevano un canone (o censo) annuale. Nel 1529 l'Ospedale di San Matteo pagava una tassa annuale di "una libbra di cera". Questo tipo di tassazione veniva praticata nei secoli XV e XVI in segno di soggezione (cfr. Giulio Di Nicola, "La chiesa di S. Matteo in Teramo", 1977-1981, dattiloscritto, pag. 3).

(4) Niccola Palma, "Storia ecclesiastica e civile della città di Teramo", volume IV, 1834, pag. 321.

(5) Provenienti da Venezia, quella dei Giosaffatti (o Giosafatti) fu una geniale dinastia di artisti di Ascoli Piceno che dalla fine del XVI alla fine del XVIII secolo si tramandarono di padre in figlio la passione per la scultura e l'architettura. I più rappresentativi furono Antonio, Giuseppe, Lazzaro. Nella loro intensa attività nell'ascolano eseguirono lavori anche in Abruzzo: a Teramo condussero restauri nella prima metà del Settecento anche nella chiesa del Santo Spirito (iniziati da Giuseppe e conclusi dal figlio Lazzaro). (cfr. Giuseppe Fabiani, "Artisti del sei-settecento in Ascoli", Collana di pubblicazioni storiche ascolane, XII, Ascoli Piceno, Società Tipolitografica editrice, 1961, pagg. 32-60; Stefano Papetti, "I Giosafatti ad Ascoli Piceno", in "Calendario Tercas 1990").

(6) Giambattista (Giovambattista) Gamba. Pittore ritenuto abruzzese per le sue molteplici pitture, «specialmente a fresco e a guazzo», presenti in Abruzzo. Si citano: gli affreschi nella chiesa dell'Annunziata di Sulmona (1728), l'affresco sulla cupola della Cappella del Sacramento nella chiesa Maggiore di Pescocostanzo; un quadro di S. Anna ed un affresco di S. Antonio nella chiesa che fu dei Riformati a Pescocostanzo; pitture nella chiesa della Trinità in Popoli; nella chiesa dei Zoccolanti a Scanno; nella chiesa di S. Chiara in Penne e in quella di S. Giovanni Gerosolimitano (vedi Antonio De Nino, "Sommario biografico di artisti abruzzesi non ricordati nella storia dell'arte", Casalbordino, N. De Arcangelis Editore, 1887, pagg. 21-22).


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