Federico Adamoli
LA CHIESA PERDUTA
(La vicenda della Chiesa di S. Matteo di Teramo)


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     Ho fatto male, caro Monsignore, a dire così?... Da quando fui nominato parroco di S. Giorgio il Vescovo mi raccomandò di far funzionare S. Matteo, e io per eseguire l’ordine dei superiori non ho badato a sacrifici. La chiesa non ha nessuna rendita per pagare il sagrestano, e io obbligo le mie sorelle insieme con i ragazzi a tenere in ordine la chiesa. Non essendoci l’elemosina per la celebrazione della messa festiva, ho procurato la rendita di 32 messe, ma alle altre mancanti devo provvedere io, come devo provvedere l’applicazione della Messa festiva per la chiesa a la Cona.
     Ma come può essere contrario a S. Matteo Mons. G. Muzii Vicario Generale?...
     Non ho mosso un passo e, da tre anni ne ho dati tanti per difendere la chiesa e non i miei interessi privati; non ho detto una parola senza che prima ne facessi consapevole S.E. Mons. Vescovo e Mons. Vicario, non ho badato a spese e fino a oggi ho speso 621 lire.

     L’ing. Mazzoncini, preparando il preventivo della spesa di restauro, fece il progetto di dedicare il nuovo altare di marmo ai Caduti e porre le lapidi con i nomi alle pareti, e ne parlò con S.E. il Prefetto, ma non gli riuscì di parlarne direttamente con S.E. Mons. Vescovo. A lei, Monsignore, parlai io del progetto, tre anni fa, quando chiesi il permesso di invitare il Dr. Marchetti e il Cav. De Sanctis (Presidenti delle famiglie Caduti e dei Mutilati) a far parte del Comitato e dissi che quando sarebbe stato pronto il Comitato si sarebbe recato da S.E. Mons. Vescovo. Il Congresso Eucaristico fece sospendere questa iniziativa, che fu ripresa anche dall’on. Savini con il quale mi recai (nel novembre 1935) dal Podestà per trovare il modo di finanziare i restauri.


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