Abside ed altare maggiore
Il primo progetto che prevedeva la demolizione della chiesa di San Matteo risale al 1821. In quei tempi la chiesa, che era stata adibita per diversi anni a caserma militare, si trovava in pessime condizioni, al punto che il Rettore dell'annesso collegio ne sollecitò il restauro, per il quale tuttavia mancavano i fondi necessari. Il governo della città penso quindi di rivolgersi al Vescovo di Teramo Francesco Antonio Nanni affinché fosse compiuta la ristrutturazione a spese dell'Amministrazione Diocesana e del Patrimonio Regolare, in vista anche della riapertura dell'edificio al pubblico culto; il Vescovo si negò decisamente, sostenendo «come la detta Chiesa più non servisse che al solo comodo dei collegiali, mentre, per quanto riguardava il comodo della Messa per la popolazione de' due quartieri superiori della città, diceva essere sufficientemente apprestata nella Chiesa del vicino convento dei Cappuccini ripristinata, ove trovavansi fissati più religiosi sacerdoti a tale oggetto». Il progetto per la demolizione fu comunque abbandonato e la chiesa, come già ricordato, fu riaperta al culto nel 1832.
La seconda iniziativa di demolizione rientrava in un progetto approvato dal Consiglio Provinciale di Teramo nel settembre del 1898, nell'ambito di lavori di ampliamento del fabbricato del Liceo-Convitto "Melchiorre Delfico" che prevedevano la soppressione della chiesa intermedia. Per la verità l'iniziale progetto di ristrutturazione del convitto ne avrebbe garantita la conservazione, consentendo pure una maggiore economia dei lavori; questo progetto venne però respinto dal Ministero, che ne approvò invece un altro nel quale l'area della chiesa sarebbe stata occupata dall'androne dell'Istituto, con il piano superiore previsto per i vani da adibire a camerate e scuole (10). (10) Curiosamente il Ministero della Pubblica Istruzione, il quale aveva imposto alla Provincia il suo progetto di ampliamento del liceo-convitto, che prevedeva la soppressione della chiesa allo scopo di dotare il fabbricato del necessario polmone d'aria e di luce (incontrando peraltro la resistenza del Consiglio Provinciale), aveva poi invitato il consiglio stesso a deliberare circa un ricorso presentato al Ministero dalla signora Giuseppina Cerulli-Irelli e da altre teramane, contro una soppressione che secondo le signore «offende in modo gravissimo il sentimento religioso della grande maggioranza dei cittadini Teramani, specie di quelli del rione S. Giorgio». Il ricorso non produsse effetti ma la Provincia, per assecondare le necessità religiose delle ricorrenti ed assicurare la continuità del servizio religioso, s'impegnò a costruire un'ampia cappella al piano terra dell'edificio. La richiesta del Ministero di esaminare il ricorso fu considerata dal consigliere Tito Candelori solo «un atto di doverosa cavalleria verso una rispettabilissima Signora», ma diede vita in consiglio ad un'animata discussione, condita pure da un vivace attacco verso il "sesso gentile" da parte del consigliere Francesco Di Girolamo: «Malgrado che le signore abbiano avuto la loro soddisfazione, esse vogliono stravincere. Ma dove sta scritto che le signore debbano venire ad imporsi ad un corpo costituito, a ficcare il naso nelle cose di una pubblica Amministrazione?».
A fronte del progetto del Ministero anche l'on. Francesco Savini tentò inutilmente, a più riprese, di proporre una soluzione alternativa che salvasse la chiesa, e che prevedeva di dotare il fabbricato, per le accennate esigenze, non di «un solo e sproporzionato» polmone, ma di due ingressi laterali. ("Atti del Consiglio Provinciale di Teramo", Anno 1900, Seduta del 15 ottobre, pagg. 315-331; Archivio di Stato di Teramo, Amministrazione Provinciale, b. 316, f. 2) |