Federico Adamoli
LA CHIESA PERDUTA
(La vicenda della Chiesa di S. Matteo di Teramo)


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     La Curia sembra non gradire molto questa richiesta economica, e fa sapere che «la chiesa per sé stessa non ha alcun carattere monumentale, né i lavori indicati tendono a modificare sostanzialmente parti della costruzione, da richiedere l'intervento della R. Soprintendenza (...) Trattandosi di semplici opere di conservazione, i lavori possono essere eseguiti sotto la direzione di un artista locale». La Curia ritiene quindi non necessario né il nulla osta, né il deposito per il sopralluogo. Deve intervenire il Prefetto Alberto Varano, che ricorda alla Curia che lo stesso Ministero dell'Interno aveva sottolineato l'importanza artistica e storica della chiesa: si aderisse alla richiesta quindi, per evitare il rifiuto degli importantissimi sussidi richiesti. Alla fine la Curia comprende... E per il sacro edificio giunge anche il nulla osta della Regia Soprintendenza, che definisce l'edificio «un armonico e equilibrato esemplare di chiesa barocca abruzzese». Anche il Prefetto scrive al Ministero, caldeggiando la concessione del più ampio sussidio, sottolineando pure che il richiedente Don Lorenzo Di Paolo è «nulla tenente ed è di ottima condotta morale e politica».

     Ma le speranze rimangono disattese perché arriva l'autorizzazione per un sussidio di sole lire 3.000, e comunque questi soldi non vengono erogati. Nel mese di giugno Don Lorenzo è costretto a far presente al Podestà Giovanni Lucangeli che rispetto alle istanze presentate nel febbraio 1935 i lavori non sono ancora iniziati, sottolineando che le condizioni della chiesa sono peggiorate: che si proceda almeno alla sistemazione del tetto e lo scolo delle acque pluviali. Di Paolo deve rivolgersi pure al vice Podestà Arturo Palombieri, ricordandogli di come suo padre, l'ingegnere N. Palombieri, nel 1924 e 1925 «si adoperò validamente per raccogliere il denaro e dirigere i lavori per accomodare l'orologio e ripulire la facciata di S. Matteo». Invoca pure la speranza di riottenere dalla Provincia «i locali adiacenti all'abside e la torre campanaria».


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